Convento di san
Francesco d'Assisi. Chiesa con torre campanaria, "squadrata mole laterizia
ancora perfettamente restaurabile", demolita senza alcuna giustificazione
nel 1964.
Il
convento dei Frati Minori Conventuali di Monteodorisio, fondato nel 1341[1],
apparteneva, come quello di San Francesco di Vasto, alla Provincia di
Sant'Angelo[2], la quale comprendeva
l'Abruzzo a sud dei fiume Sangro, il Molise e la Puglia con il Gargano e la
Capitanata.
L' insediamento
di Monteodorisio conferma la tipica scelta insediativa dei francescani verso
gli agglomerati urbani più consistenti. Infatti, questo centro, "[ ...]
che tanta parte ebbe nei fasti di questa regione”[3], era,
a quei tempi, un importante contado che controllava molti altri Comuni.
Monteodorisio risultava una delle prepositure più dotate del Vastese, tant'è
vero che le sue decime arrivavano ad un valore di due once nel 1308 e le sue
chiese erano pari a dieci nel 1324-1325[4].
La
demolizione nel 1964 di questo antico cenobio, per costruirvi, sullo stesso
sito, l'edificio comunale, suscitò l'indignazione di molti storici. Lorenzo
Bartolini Salimbeni così scrive: "Particolarmente grave è la perdita della
chiesa [di San Francesco] di Monteodorisio, della quale fino a pochi decenni fa
si conservava l'involucro esterno, squadrata mole laterizia, ancora
perfettamente restaurabile [ ... ]".[5]
Certamente,
non si può che rimanere attoniti di fronte al triste epilogo che ha portato
alla distruzione di questo insigne monumento e, in questa sede, si è preferito
far parlare le eloquenti note dell'Antologia francescana.
La chiesa
di Monteodorisio, della quale ci sono state tramandate le dimensioni della
facciata e delle partiture architettoniche in pietra scolpita, oltre che della
pianta, della navata e del coro[6], [ La
chiesa era a navata unica, coperta a tetto, con quadrato voltato a crociera cui
si accedeva attraverso un arco sestiacuto; misurava m. 8.30 x 24.70 ed altezza,
all'imposta delle capriate, di m. 9.30 ca., mantenendo quindi nell'aula il
canonico rapporto 1 : 3 fra larghezza e lunghezza] rappresentava la tipica
chiesa-fienile dell'Ordine mendicante, dove erano applicate con scrupolo le
disposizioni del Capitolo Generale di Narbona del 1260. La navata era ad aula
unica, con tetto a capriata, senza transetto, conclusa da un coro con volta a
crociera costolonata.
La
facciata, sopravvissuta come l'interno alle trasformazioni barocche, aveva la
forma a "capanna" con due spioventi: fatto assai strano in una regione,
quella abruzzese-molisana, dove a prevalere era invece, il coronamento
orizzontale[7]. Nella facciata erano
collocati il portale ogivale ed il rosone con timpano poggiante su colonnine
sorrette da mensole zoomorfe, riconducibili a quegli artefici della Scuola di
Lanciano (sec. XIV) di cui si hanno testimonianze, inoltre che nella città
frentana, a Larino, Agnone e Chieti[8].
Oltre
alla chiesa, è stata abbattuta la torre campanaria, che si presentava come una
robusta costruzione con un apparecchio murario costituito da ricorsi di conci
in laterizio e pietra squadrata.
Agli
inizi dei Novecento, all'interno della chiesa era ancora possibile vedere,
nonostante l'abbandono e l'esposizione alle intemperie, un grande affresco
raffigurante San Cristoforo, protettore dei viandanti e dei pellegrini[9], a
testimonianza dell'intenso passaggio di "viaggiatori" in cammino
lungo le vie di questo centro posto a guardia del fiume Sinello, a ridosso dei
tratturi Lanciano-Cupello e L'Aquila-Foggia[10].
Oltre all'affresco, si potevano notare: altri dipinti murali[11], una
cappella dedicata al Santissimo Rosario[12] ed
un'altra a Sant'Antonio da Padova[13],
degli altari egregiamente intagliati in legno dorato[14] ed
una colonna di granito egizio che ricorda la grandezza del tempio[15].
Attualmente
si conservano, in un deposito comunale, alcune parti dell'antico portale e del
rosone, mentre alcune opere d'arte sono sparse tra la chiesa parrocchiale ed il
santuario della Madonna delle Grazie.
Il
convento, con il chiostro, la cisterna e la porta urbica della città, detta di
San Francesco, furono demoliti nell'Ottocento[16].
L'edificio
dei Frati Minori Conventuali soppresso nella metà del 1600, conseguentemente
all'emanazione della bolla di Papa Innocenzo X, conosce dunque un destino
analogo a quello dei conventi di Sant'Elia a Pianisi, Palena e Francavilla al
Mare. Similmente a quanto si auspica per questi conventi, anche per quanto
riguarda l'insediamento di Monteodorisio si spera in un intervento di recupero
archeologico ed architettonico, teso a valorizzare le vestigia dell'importante
fabbrica francescana.
Dentro
l'abitato vi era il convento dei Padri Minori Conventuali. Il medesimo era
situato in ottima posizione. Si mirano tuttavia i ruderi e le fondamenta del
convento e del chiostro, ove esiste tutt'ora la cisterna disseccata. La chiesa
ad una nave ben lunga ed a proporzione più alta che larga dimostra la qualità e
grandezza del convento, che un dì doveva essere rispettabile. I finestroni a
forma alquanto gotica, ma non totale, dimostra la struttura sia il secolo XV al
XI.
Interno della chiesa. Abside con
volta a crociera costolonata, con arco trionfale a sesto acuto che risente
dell'influenza della scuola architettonica cistercense a cui fa riferimento
l'architettura francescana dei primi secoli dell'Ordine
Anche la porta grande della chiesa e
ben'intesa con pietre lavorate a fogliami ed incisioni ad intagli rilevati, una
con il gran finestrone a rosa. Questa è adornata di colonnette sorgenti dalla
periferia d'un piccolo cerchio centrale. Esse sono dieci contornanti questo
cerchio, ed ognuna sostenuta nel capitello le basi dei due semicerchi, che fra
loro intersecandosi formano un vago intreccio. L'apice di detti semicerchi
s'uniscono a toccare l'orlo interno del cornicione circolare tutto
maestrevolmente ben intagliato a fogliami e festoni.
Questo
vago finestrone e contornato da due altre colonnette laterali sostenute
entrambe da due leoncini foggiati su d'un piedistallo. Dal capitello di queste
colonne indi sorge come una linea di pietra anche lavorata a fogliami che vanno
poi a unirsi al vertice del gran cerchio esterno, ma non toccandolo e nel punto
della tangente di tali due linee vi è un capitello di pietra anche lavorata a
festoni che sembra voglia sostenere le medesime. Le fabbriche ben sode e gli
ornamenti dimostrano il buon gusto e la pietà dei religiosi e del popolo che
concorrere vi dovettero.
Portale ogivale in pietra scolpita,
opera della scuola di Lanciano del secolo XIV
Questo
convento riconosce la sua abolizione ( e da qualche terremoto per cui crollato,
venne abbandonato dai religiosi e dalla Bolla di Clemente X che soppresse i
Conventini non colleggiati, che forse è più probabile per la designazione,
poiché passò ad essere quasi un beneficio semplice di Vicaria Economa Curata
coadiutrice della Parrocchiale matrice.
Torre campanaria che si presentava
come una robusta costruzione con un apparecchio murario costituito da ricorsi
di conci in laterizio e pietra squadrata.
Nella
chiesa di San Francesco dei Conventuali vi è eretta la congregazione sotto il
titolo di San Rocco e Sant'Antonio ed è roboata di Regio Dispenso fino dai
tempi del Re Carlo III. I confratelli ed altri fedeli con le elemosine vi
eressero il Campanile circa la fine del caduto secolo. L'antico era sito nel
lato opposto verso il giardino contiguo alle mura della Chiesa di prospetto ad
oriente.
[1]
La notizia è riportata nel Provinciale
Ordis Fratrum Minorun redatto da fra Paolino da Venezia e citato da Doroteo
Forte in Movimento francescano nel Molise, Campobasso, Biblioteca. San
Giovanni dei Gelsi – Tipolitografia Lampo, 1975, p. 24.
[2]
Cfr, Egidio Ricotti, La provincia francescana abruzzese di san Bernardino
dei Frati Minori Conventuali, Roma, Misscellanea francescana editrice,
1937, p. 185,
[3]
Nicola Colonna, Rassegna archeologica. La Chiesa di s. Francesco d’Assisi in
Monteodorisio, in «La rivista abruzzese di scienze, lettere ed arti di
Teramo», fascicolo V, maggio 1895, anno X, Teramo, Tipografia del Corriere
Abruzzese, 1895, p. 235.
[4]
Cfr. Luigi Pellegrini, Insediamenti francescani nell’Italia del Duecento, Roma,
Ed. Laurentianum, 1984, p. 258.
[5]
Lorenzo Bartolini Salimbeni, Architettura francescana in Abruzzo dal
XIII al XVIII secolo, Roma, Edigrafica, 1993, p. 90.
[6]
Cfr. Ignazio Carlo Gravini, Storia dell’architettura in Abruzzo, vol.
II, Milano-Roma, Bestetti e Tumminelli, s.d. [ma 1927-1927], ristampa: Pescara,
Costantini Editore, 1980, p. 397; Ciro Robotti, Monteodorisio. Ambiente,
immagini, documenti, Manduria, Capone Editore, 1990, p.51, nota 17.
[7]
Lorenzo Bartolini Salimbeni, op. cit., :”[…] A Monteodorisio, forse
l’unico vero esempio di tale soluzione”.
[8]
Ciro Robotti, op. cit,, pp.49-53.
[9]
Raffigurazioni come questa, molto frequenti in passato nei luoghi di transito,
ora sono diventate rare e, a titolo di esempio, citiamo il dipinto murale
raffigurante “s. Cristoforo” di Andrea De Litio (firmato e datato 1473),
collocato all’esterno della Chiesa di Santa Maria Maggiore a Guardiagrele,
quelli più antichi (secc. XII-XIII) della chiesa di san Pellegrino a Bominaco e
di Santa Maria delle Grotte a Rocchetta al Volturno, quello della chiesa di
santa Maria a Visso del sec. XV,
collocato all’interno come a Monteodorisio e per finire quello in avanzato
stato di degrado nella facciata della chiesa oggi di sant’Antonio da Padova a
Teramo. Cfr anche I.C. Gravini, op. cit., p. 397; C. Robotti op. cit.,
p.51.
[10]
Cfr. Natalino Paone, La transumanza. Immagini di una civiltà, Isernia,
Cosmo Iannone, 1987, p. 49; Michele Massone (a cura di), Piano Territoriale
Provinciale degli insediamenti Francescani, Provincia di Chieti, Assessorato
all’Urbanistica e Pianificazione Territoriale – Lightship, Chieti 1999, Carta
tematica realizzata nell’ambito dell’Itinerario francescano in Abruzzo e
Molise.
[11]
Cfr. N. Colonna, op. cit., pp. 235,236; Enrico Abate, Guida
dell’Abruzzo, Roma, a cura del Club Alpino Italiano – Sezione di Roma,
1903, p. 363; C. Robotti, op. cit., p.51 nota 18.
[12]
Cfr. Serafino Razzi, Viaggi in Abruzzo (inedito del sec. XVI), a cura di
Benedetto Carderi, L’Aquila, L.U. Japadre Editore, 1968, p. 177.
[13]
Cfr. C. Robotti, op. cit., p.51 nota 16.
[14]
Cfr. N. Colonna, op. cit., pp. 235,236; C. Robotti, op. cit.,
p.51 nota 18.
[15]
Cfr. N. Colonna, op. cit., p. 236.
[16]
Cfr. C. Robotti, op. cit., p.50.
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