mercoledì 27 agosto 2025
Presentazione del libro "Dove la grazia dimora". I miracoli, la fede e l'arte
venerdì 25 luglio 2025
AISLING, il nuovo romanzo di Nausica Manzi
È uscito il nuovo romanzo di Nausica Manzi. Il titolo è AISLING e la dedica è ai due studenti del Mattei, Martina Mancini e Alessandro Guardiani,che sono stati studenti nella classe della prof Nausica, e sfortunatamente morti in terribili incidenti stradali.
Ecco la dedica:
‟A #Martina e #Alessandro
che, con la musica delle loro esistenze, a occhi aperti
hanno accompagnato la nascita di questo romanzo
e che, con i loro sogni a occhi chiusi,
saranno per sempre tra queste pagineˮ
lunedì 7 luglio 2025
Monteodorisio: presentazione del libro inchiesta “Noi non abbiamo colpe”
L’opera analizza il drammatico sisma dell’Aquila del 2009, in cui persero la vita 309 persone, tra cui 55 studenti universitari. La magistratura “per responsabilità nella gestione mediatica” ha condannato il vicecapo della protezione civile Bernardo De Bernardiniis e assolto gli scienziati componenti della Commissione Grandi Rischi pochi giorni prima del sisma.
Come riportato, si tratta di “un grido d’allarme” per evitare che il dramma venga dimenticato o ridotto a un errore di comunicazione.
mercoledì 21 agosto 2024
Presentazione del libro “Rime Sbauttite” questa sera alle ore 18:30
lunedì 14 febbraio 2022
È uscito il romanzo di Nausica Manzi, DHÀ edito da Edizioni Dialoghi.
Chi volesse già acquistare delle copie può contattare l' autrice. Grazie
mercoledì 30 settembre 2020
È USCITO IL ROMANZO "IL ROMANZO DEL MUDO", di LUIGI DELLA PENNA.
Carissimi amici, finalmente è disponibile anche il libro : "IL ROMANZO DEL MUDO", di LUIGI DELLA PENNA.
mercoledì 5 agosto 2020
venerdì 10 luglio 2020
martedì 26 maggio 2020
Pubblicati due libri di Nausica Manzi
Cardiogrammi, edito da Edizioni Dialoghi, è una raccolta di racconti sulla quotidianità e i suoi problemi, utili per affrontare anche un delicato momento di cambiamenti esistenziali come questo che stiamo affrontando in questi mesi di convivenza con il coronavirus.
Al momento è in preordine a questo link: https://www.edizionidialoghi.it/cardiogrammi
Custode di esistenza, edito dal Gruppo Albatros il Filo, è un saggio sulla società contemporanea, sulla figura del “Terzo” e la scoperta del ruolo della filosofia e L innovativa vocazione di ogni essere umano. Per acquisto e info: https://www.gruppoalbatros.com/prodotti/custode-di-esistenza-nausica-manzi/. Prossimamente si troverà anche su Amazon e Ibs
giovedì 26 ottobre 2017
Ottavio Suriani - Bozzetti del villaggio - 1895 - Grandine
- Sono brutte nuvole quelle; chi sa dove andranno a scagliare la grandine.
- La pioggia, vuoi dire.
- Si vede che le conosci. Ci scommetto quanto credi.
- Va là, mi prendi per un ragazzo.
- O la Bella risposta!...
Dicevano, dandosi aria d'indovini, Santillo e Felice, il figlio di Pippariello, due contadini alti, sbarbati, dai calzoni corti. A crocchio uomini e donne silenziosi, mesti li ascoltavano su la piazzetta a semicerchio, davanti a la chiesa di S. Francesco, guardando il cielo.
Una nuvolaglia biancastra, spinta dal grecale, si avanzava come immensa montagna da la punta de la Penna, fatta buia.
- Non v'è anno che quella contrada la scampi, sembra maledetta.
- Là vi abitano cento diavoli.
- Temo che non sia venuta anche la nostra volta. Guardate, pigliano questa direzione soggiunge Domenica la stregona, una donna robusta, dal petto rigonfio, con i capelli arruffati e la voce grossa, ch'era lo spavento de le campagne e teneva a loro posto i giovani.
- Se avremo quella brutta visita, addio grano, addio uva, addio ulive...
- Tornerà la carestia d'Egitto.
- Felice, taci, non fare il mal’augurio: questa volta la sbaglierai.
- Fosse così !...
Di lontano brontolava il tono: tornavano frettolosi i contadini dai campi, trascinando per la cavezza li asinelli che facevano risonare i ferri sul ciottolato.
Il cielo si era tutto coperto e dava riflessi bianchi, tristi a le case e a le facce pallide dei villani. Il vento a vortici innalzava polvere, carte, pagliuzze; sempre più si avvicinava il tono.
- Santillo, vedi, nel bosco grandina. Avevo ragione?
La folgore guizzò sanguigna tra le nubi.
- Questa volta pur troppo... E ora viene da noi: presto a casa, se non vogliamo la testa rotta.
- A le campane…
Le strade rimasero deserte.
La stregona corse dal sagrestano: Zio Paolo, vuoi rovinarci? Non vedi che tempo? Va, soni a distesa.
- Figlia mia, non posso muovermi, ho la febbre: Vozzo è andato a Cupello.
- Dammi la chiave, salgo io sul campanile.
- Tu... una donna? Mai, porta, scomunica.
- Dammi la chiave, ti dico - gli gridava con le mani alla gola.
Il vecchio vide quelli occhi sgranati, quelli artigli da tigre, n'ebbe paura: È appesa a quel chiodo - soggiunse con dolcezza paterna.
Domenica la prese e si dette a correre: il suo gonfio petto saltava ogni passo. Giunse a la chiesa, aprì la porta e andò difilata al campanile.
Due corde penzolavano da l’alto; le tirò con rabbiosa forza.
Il rombo de le campane empì l'aria, contrastava con il tono. Affacciati da le porte, da le finestre tutti guardavano il cielo, credendo riapparisse azzurro. Il vento era cessato, come una volta di marmo bianco le nuvole abbagliavano.
Le vecchie, battendosi il petto, pregavano davanti a le immagini dei santi.
A un tratto il villaggio s’illuminò sembrava per lo scoppio di una bomba pirotecnica; una luce vivissima fece chiudere li occhi, si udì uno schianto terribile: tremarono le case, le campane dettero un sibilo acuto, lungo, lamentevole e tacquero.
- Santa Barbara !... II fulmine sarà cascato qui vicino - dicevano impaurite le donne, facendosi la croce, i ragazzi piangevano.
Cominciò la grandine fitta, come una sassaiola; rompeva tegole, vetri, risaltando sopra il selciato con colpi secchi.
Dio mio, com’è grossa, siamo rovinati... Vergine aiutaci - E gittavano su la strada, per lo scongiuro catene e bidenti incrociati.
- Quel farabutto di sagrestano e già stanco... e poi lo pagano.
I toni si seguivano a breve distanza e grandinava più forte; le case rintronavano di pianti, grida e bestemmie.
Cominciò di nuovo a spirare il vento: i chicchi duri, bianchi si mutarono in goccioloni cristallini, e l'acqua, scrosciando, correva a torrenti.
Il maestrale, presto spazzò il cielo, apparve più terso l'azzurro. I contadini con li occhi rossi, scapigliati, briachi di dolore andavano ne le loro campagne a vedere i danni. Tutto distrutto: il grano pesto, non una foglia, non una frutta su li alberi, che scheletriti movevano i rami umidi, decorticati.
Una folla di donne, giovani, vecchie, ragazze assalì la casa del sagrestano, che se ne stava, accanto al fuoco sonnacchiando: Brigante, ladro, mangia a ufo... perché hai cessato di sonare ? ti dolevano le mani ? sei buono solo ad andare questuando con la bisaccia per le case e per le aie. Ti becchi i denari senza, far nulla... Tutta su te si doveva scagliare la grandine.
Il povero vecchio, parandosi con il bastone, gridava: Per carità, lasciatemi... che volete?
Non ne so niente, è salita Domenica sul campanile.
- La stregona? no, è, una scusa per allontanarci, non è vero.
- Proprio lei è venuta a prendere la chiave... andate a vedere.
- Andiamo, andiamo, ma se ci burli guai a te... o ci penserà il sindaco, o ci faremo giustizia con le nostre mani stesse.
E quella folla di donne inviperite lasciò in pace, Paoluccio e si mosse verso la chiesa.
La porta, era aperta, entrarono: si sentiva un acre odore di zolfo.
- Domenica,... stregona - nessuno rispose. Che bugiardo, e noi l’abbiamo bevuta... Non fosse, fuggita spaventata?
È coraggiosa più di un uomo... andiamo a vedere ne la torre, - dissero le più audaci - stesse lì zitta per corbellarci.
- Sì, sì andiamo.
Passarono la soglia del piccolo uscio, che dava nel campanile: un grido di terrore. La stregona era distesa per terra livida, con la faccia irriconoscibile, la veste bruciata, stringendo tra le mani due pezzi di fune avvampata, in una contrazione spaventevole.
Le donne inorridite fuggirono.
lunedì 27 giugno 2016
Dopo trent'anni
Ottavio Suriani - Bozzetti del villaggio
Lanciano Carabba, 1895
- Una contadina di Monteodorisio desidera parlarle.
- La faccia entrare.
Si avanzò ansando una donna su la quarantina, dai capelli grigi, ma aveva ancora la robustezza giovanile, che si acquista nei lavori campestri. La conoscevo: era Giovina Santarelli, mia vicina di casa.
- Sono venuto a darmi ne le vostre mani - e con il grembiale di traliccio si asciugava il sudore.
- Che?
- Ho commesso un omicidio.
Mi fece senso la freddezza con cui parlava.
- Davvero?... a che pro un delitto - soggiunse il brigadiere, senza scomporsi, per carpirle intero il segreto.
- Era mio dovere...
- Come?... è strano... racconta.
- È lunga in storia... Nel sessantatre mio padre lavorava a la ferrovia, la mamma e io abitavamo una casa presso il Morretto, D. Ottavio lo sa, e il fratello era a servizio di zio Saverio di Giacomo, detto il lepre, ne la masseria a Santa Lucia. Un giorno mia madre fu arrestata; piangendo, corsi da Giuseppe, non lo trovai. Egli sorpreso dai briganti, mentre abbeverava i buoi a la Sciarovera, aveva dovuto seguirli.
Restai sola, a quindici anni: tutti rispettavano, mi soccorrevano.
Dopo un mese caporal Giuseppe comandava una banda di dieci brutti ceffi. A dire il vero menava quella vita in modo diverso da li altri: non ha ucciso nessuno, quando poteva, si procacciava cibo dai contadini e dai viandanti.
Il suo compagno fedele, l'amico con cui, come si dice, partiva il sonno, era un omicciattolo brutto, macilento, che per soprannome chiamavasi lo Scoccolo.
Io e la sorella di costui, una donna da occhio di falco, l’informavamo quando usciva la guardia nazionale e in quale direzione andava.
Essi erano al sicuro: la loro fortezza in mezzo al bosco, una quercia cava, enorme li teneva celati. Quante volte vi sono passati vicino i soldati, senza sospettare di nulla.
Quasi ogni sera travestiti venivano mio fratello e l’amico a fare le provviste. Ero in continuo timore pensando ai pericoli, a cui si esponevano; pregavo e piangevo. Li scongiurai tante volte che cambiassero vita, invano!
- Ci ammazzeranno lo stesso - rispondevano ridendo - Abbiamo evitato fortunatamente il fucile di mastro Vincenzo, non vogliamo farci uccidere su di una pubblica piazza.
Una notte, non la dimentico mai, facevo sola la calza accanto al fuoco, udii picchiare a l’uscio; aprii: era lo Scoccolo, vestito da donna.
- E Giuseppe? - gli chiesi tremante, come se prevedessi la sventura.
Sta, sicura: non è passato per le sentinelle; mi aspetta dietro il camposanto. Dammi del pane.
Mi alzai per aprire la madia, ma quella bestia mi si scaglia addosso, mi acchiappa per la vita, credendo mi potesse buttare per terra: con una spinta lo mando contro il muro.
- Vattene.
- Zitta per carità ti voglio bene.
- Esci subito o racconterò tutto al fratello - e lo cacciai come un cane.
Cosi perdetti Giuseppe...
Lo Scoccolo tornava, al bosco, covando la vendetta. Pensava: se non denuncio il caporale, la sorella gli dirà tutto, ne posso sapere come la passerò.
E quella belva andò a denunziare i suoi compagni a la guardia di Vasto; già, non ebbe coraggio il giuda di presentarsi ai paesani. Ordì la trama con sua sorella.
Tornato al rifugio gli domandarono le novità, che sapeva.
- Domani non si esce di qui, fanno perlustrazioni per il bosco una compagnia di soldati e dieci carabinieri.
Ne la notte se la svignò.
A l’alba la sorella condusse la forza armata attorno a la quercia. I rinchiusi vogliono far fuoco: non trovano cartucce; devono arrendersi per non essere bruciati. Stretti da le manette, sono spinti innanzi con i calci dei fucili.
La domenica, non sapevo nulla, fui menata a Vasto da le compagne. Su la pianura del mercato tra un cerchio di soldati e curiosi era Peppino con i suoi, aspettando la morte.
Udii dei colpi, un grido: caddi svenuta.
Mi ritrovai nel mio letto; al capezzale vi era mamma e tata, che piangevano.
Lo Scoccolo con il carcere pagò il tradimento e là, come meritava, fu ucciso.
Mio fratello un giorno dandomi un coltello affilato mi disse: Prendilo, ti servirà per vendicarmi.
Con chi doveva vendicarmi? con la sorella.
Spiavo sempre quella donna; la seguivo dovunque, come un cane la preda, e mai ebbi in fortuna di trovarla sola: o era, in compagnia, o mi cansava a bella posta.
Cosi sono passati trent'anni, l’ira era svanita: dimenticavo quasi tutto l’accaduto.
Stamattina Rosa, la serva di D. Pasquale, vedendomi su la porta: Hai fatto dire la messa per tuo fratello? -
La vendetta mi si risveglia, rividi la scena sul piano de l’Aragona di Vasto: oggi è il trentesimo anno.
Corro alla casa de la spiona, era seduta al telaio. Le son sopra con il coltello: con quell’ebbrezza ho visto spicciare il suo sangue! Una voce gridava: dalle, dalle, e io raddoppiava i colpi, la forza.
Lasciai di ferirla quando è caduta morta per terra, crivellata di ferite.
Non ne sono dispiaciuta, nè mi pento. Ho ubbidito al volere di un morto: il suo coltello è ancora fitto nel core di quella traditora.
Ho detto tutto: ammanettatemi.
giovedì 3 settembre 2015
Americo Di Loreto presenta 'Black Scorpion', un libro fantasy ed enigmatico.
La presentazione del romanzo si terrà venerdì 4 settembre
'Black Scorpion' è il titolo del libro che verrà presentato venerdì 4 settembre, alle 20.30, nella Sala Museale di Monteodorisio.
«Il mio libro è frutto della mia passione per tutto ciò che è fantastico, che si stacca dal mondo reale - spiega Americo Di Loreto, autore del libro - il romanzo si addentra in mondi creati dalla mia mente e dai miei sogni. Inoltre, avevo anche una storia da raccontare, una storia avvolta da un significato profondo. Il libro è, infatti, un misto di prosa e poesia con citazioni d'autore, che cerca di far riflettere su vari aspetti dell'esistenza umana ed entrare un po in noi stessi, attraverso collegamenti flebili, a volte palesi, anche con la realtà che viviamo ogni giorno. Dal lettore mi aspetto che risolva un'enigma - prosegue l'autore - nel testo sono presenti errori sintattici e grammaticali che sembrano essere casuali, ma in realtà risolvono un rompicapo fondamentale per il seguito, per il secondo libro della saga 'Black Scorpion', collegato al libro che presenterò a breve. Il mondo dei videogiochi fantasy e dei libri mi ha molto aiutato per delineare luoghi e personaggi, per fantasy intendo staccarsi dalla realtà per un secondo per poi ritornarci e cambiare il mondo secondo le proprie regole e le propri sogni».Angela Menna