giovedì 27 gennaio 2011
Gesta paurose di una banda brigantesca
Nicola Vitelli di Monteodorisio, di natura violenta e di statura gigantesca, era a capo di una banda di fuorilegge, detti albanesi perché quasi tutti dei paesi di origine albanese ( Campomarino, Portocannone, San Giacomo, ecc). Una turba di ribaldi che, approfittando dei tempi, si abbandonava alle più turpi azioni. Il 2 febbraio 1799 circa trecento di essi, istigati dai borbonici, assalivano Termoli, che oppose una viva resistenza, ma un suo cittadino indicò a quei briganti un luogo invigilato e allora la masnada fece irruzione saccheggiando per due giorni la misera città e fucilando Basso Maria e Federico Brigida, usciti di recente dalle carceri della Vicaria, dov'erano stati per motivi politici. Subirono la stessa sorte Palata, Acquaviva Collecroce, Casacalenda e altri paesi. A Vasto la tranquillità non era tornata nell'animo dei buoni cittadini e v'erano ancora molti segni di tempesta nell'orizzonte, quando Nicola Vitelli minacciò di distruggere la città se non gli avesse dato almeno seimila ducati. I vastesi offrirono 300 ducati e li mandarono al Vitelli la mattina del 24 febbraio perché si ritirasse. Il Vitelli rifiutò sdegnosamente dicendo che quella somma si mandava ai pezzenti e non ad una truppa valorosa sotto i suoi comandi. Mentre il Vitelli con i suoi accreditati furibondi Albanesi si preparava a dare l'assalto a Vasto, le notizie dei progressi francesi che nel frattempo erano entrati a Lanciano, avevano risollevato i vastesi che mandarono il giorno 24 alcuni uomini a Lanciano per chiedere aiuto. Alle ore 21 di detto giorno tornando da Lanciano a Va-sto sua patria l'incendiario sacerdote Nicola Rajano, compar-ve a cavallo armato di sciabola, e nell'entrare alla porta della città detta del Castello cominciò ad allarmare di nuovo la po-polazione dicendo che la "truppa sistente in Lanciano non era truppa francese, ma pochi sbirri vestiti alla francese, e che non avessero a temere". Aggiunse dippiù esser egli venuto apposta per dirigere l'affare e per battersi con loro, in quanto egli era fuggito nel momento stesso dell'attacco dato a quella città. Il popolo che ben comprese l'infingardaggine del prete lo arrestò all'istante. Intanto che questo si operava nel Vasto, Vitelli con la sua massa albanese ch'era in Monteodorisio si disponeva e minacciava di saccheggiare la città come aveva promesso. Per evitare il saccheggio, i vastesi decisero di mandare in dono al Vitelli la somma di 500 ducati che neppure volle gradire. Allora per accelerare la venuta dei francesi i vastesi inviarono D. Massimiliano Pietrocola a Lanciano e presentata la supplica al comandante Couthard, questi all'istante fece suonare l'adunata e la truppa si mise in marcia per il Vasto. Il comandante francese con la sua truppa giunse a Vasto il 27 febbraio verso le 19,15, mentre i briganti erano arrivati alla cappella di S. Michele mezzo miglio distante dalla città. I Francesi tennero la strada di Sant'Onofrio, ed i briganti erano diretti per la porta del Castello. Allora i briganti, che si accingevano a dare esecuzione alle loro minacce, si diedero a precipitosa fuga. Il Couthard, per punire tutti i responsabili dei disordini, ordinò la chiusura delle porte di Vasto. Furono arrestati circa duecento e fucilati 26 alla torre di Bassano; 21 vennero poi uccisi nei boschi Saccione, Bufalara e Cerreto.
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