sabato 13 aprile 2024

A Monteodorisio rivive il Medioevo

MONTEODORISIO. Si intitola “Ma che bel castello” la mostra storico-archeologica che sarà inaugurata domenica alle 9,30 nel fortilizio e che si potrà visitare fino all’Epifania tutti i giorni dalle 17 alle 20 (ingresso gratuito). Sono oltre una cinquantina i reperti esposti, degli oltre 1500 rinvenuti durante le campagne di scavo condotte dal 2003.

I curatori hanno privilegiato il Medioevo.

E a partire da questo periodo, infatti, che Monteodorisio comincia a rivestire un ruolo di prestigio lungo la fascia costiera, mentre Histonium (Vasto) tramonta.

I lavori e l’allestimento museale sono stati presentati dal sindaco, Ernesto Sciascia, da Marco Rapino della cooperativa Parsifal che ha eseguito gli scavi, e dal direttore scientifico, Davide Aquilano.

La mostra, ideata e coordinata da Michele Massone, dell’associazione culturale vastese Lightship, è stata realizzata con un accordo di programma quadro tra Stato e Regione finanziato dal Cipe.

«Gli scavi hanno contribuito a far luce su un capitolo sconosciuto della storia di Monteodorisio. I reperti ci permetteranno di arricchire il museo», afferma Rapino.



«Tra l’ottavo e il dodicesimo secolo sulla sommità della collina esistevano delle strutture in legno, una torre di avvistamento e difesa ed un recinto», spiega Aquilano, «a distanza di un paio di secoli, la superficie disponibile per la fortezza si è ampliata e nel 15° secolo è stata dotata di torri con una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana al centro».

Di particolare importanza sono i manufatti in pietra ollare rinvenuti.



Veniva lavorata sin dalla preistoria nell’area alpina.

La diffusione e la presenza a Monteodorisio si potrebbe spiegare con le rotte di distribuzione lungo l’Adriatico e da lì attraverso le valli dei fiumi Trigno e Biferno. La notevole quantità di vasellame trovato è una conferma del vivace sistema di scambi e traffici intorno al sito del castello», aggiunge Aquilano.

E tra il vasellame c’è anche un’anfora islamica.



«Siamo in attesa di esami di conferma sulla provenienza. L’area sarebbe quella della Mesopotamia del dodicesimo secolo. Se le ipotesi dovessero trovare conferma, sarebbe una ulteriore testimonianza della fiorente attività commerciale», conclude il direttore.

Simona Andreassi

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