domenica 29 ottobre 2017

Il novello di San Martino a Monteodorisio VIII edizione



Degustazione del vino novello e castagne, 
tagliatelle al sugo di salsiccia,
panino con salsiccia, scrippelle e vin brulè.
Monteodorisio sabato 4 novembre

giovedì 26 ottobre 2017

Ottavio Suriani - Bozzetti del villaggio - 1895 - Grandine


- Sono brutte nuvole quelle; chi sa dove andranno a scagliare la grandine.
- La pioggia, vuoi dire.
- Si vede che le conosci. Ci scommetto quanto credi.
- Va là, mi prendi per un ragazzo.
- O la Bella risposta!...
Dicevano, dandosi aria d'indovini, Santillo e Felice, il figlio di Pippariello, due contadini alti, sbarbati, dai calzoni corti. A crocchio uomini e donne silenziosi, mesti li ascoltavano su la piazzetta a semicerchio, davanti a la chiesa di S. Francesco, guardando il cielo.
Una nuvolaglia biancastra, spinta dal grecale, si avanzava come immensa montagna da la punta de la Penna, fatta buia.
- Non v'è anno che quella contrada la scampi, sembra maledetta.
- Là vi abitano cento diavoli.
- Temo che non sia venuta anche la nostra volta. Guardate, pigliano questa direzione soggiunge Domenica la stregona, una donna robusta, dal petto rigonfio, con i capelli arruffati e la voce grossa, ch'era lo spavento de le campagne e teneva a loro posto i giovani.
- Se avremo quella brutta visita, addio grano, addio uva, addio ulive...
- Tornerà la carestia d'Egitto.
- Felice, taci, non fare il mal’augurio: questa volta la sbaglierai.
- Fosse così !...
Di lontano brontolava il tono: tornavano frettolosi i contadini dai campi, trascinando per la cavezza li asinelli che facevano risonare i ferri sul ciottolato.
Il cielo si era tutto coperto e dava riflessi bianchi, tristi a le case e a le facce pallide dei villani. Il vento a vortici innalzava polvere, carte, pagliuzze; sempre più si avvicinava il tono.
- Santillo, vedi, nel bosco grandina. Avevo ragione?
La folgore guizzò sanguigna tra le nubi.
- Questa volta pur troppo... E ora viene da noi: presto a casa, se non vogliamo la testa rotta.
- A le campane…
Le strade rimasero deserte.
La stregona corse dal sagrestano: Zio Paolo, vuoi rovinarci? Non vedi che tempo? Va, soni a distesa.
- Figlia mia, non posso muovermi, ho la febbre: Vozzo è andato a Cupello.
- Dammi la chiave, salgo io sul campanile.
- Tu... una donna? Mai, porta, scomunica.
- Dammi la chiave, ti dico - gli gridava con le mani alla gola.
Il vecchio vide quelli occhi sgranati, quelli artigli da tigre, n'ebbe paura: È appesa a quel chiodo - soggiunse con dolcezza paterna.
Domenica la prese e si dette a correre: il suo gonfio petto saltava ogni passo. Giunse a la chiesa, aprì la porta e andò difilata al campanile.
Due corde penzolavano da l’alto; le tirò con rabbiosa forza.
Il rombo de le campane empì l'aria, contrastava con il tono. Affacciati da le porte, da le finestre tutti guardavano il cielo, credendo riapparisse azzurro. Il vento era cessato, come una volta di marmo bianco le nuvole abbagliavano.
Le vecchie, battendosi il petto, pregavano davanti a le immagini dei santi.
A un tratto il villaggio s’illuminò sembrava per lo scoppio di una bomba pirotecnica; una luce vivissima fece chiudere li occhi, si udì uno schianto terribile: tremarono le case, le campane dettero un sibilo acuto, lungo, lamentevole e tacquero.
- Santa Barbara !... II fulmine sarà cascato qui vicino - dicevano impaurite le donne, facendosi la croce, i ragazzi piangevano.
Cominciò la grandine fitta, come una sassaiola; rompeva tegole, vetri, risaltando sopra il selciato con colpi secchi.
Dio mio, com’è grossa, siamo rovinati... Vergine aiutaci - E gittavano su la strada, per lo scongiuro catene e bidenti incrociati.
- Quel farabutto di sagrestano e già stanco... e poi lo pagano.
I toni si seguivano a breve distanza e grandinava più forte; le case rintronavano di pianti, grida e bestemmie.
Cominciò di nuovo a spirare il vento: i chicchi duri, bianchi si mutarono in goccioloni cristallini, e l'acqua, scrosciando, correva a torrenti.
Il maestrale, presto spazzò il cielo, apparve più terso l'azzurro. I contadini con li occhi rossi, scapigliati, briachi di dolore andavano ne le loro campagne a vedere i danni. Tutto distrutto: il grano pesto, non una foglia, non una frutta su li alberi, che scheletriti movevano i rami umidi, decorticati.
Una folla di donne, giovani, vecchie, ragazze assalì la casa del sagrestano, che se ne stava, accanto al fuoco sonnacchiando: Brigante, ladro, mangia a ufo... perché hai cessato di sonare ? ti dolevano le mani ? sei buono solo ad andare questuando con la bisaccia per le case e per le aie. Ti becchi i denari senza, far nulla... Tutta su te si doveva scagliare la grandine.
Il povero vecchio, parandosi con il bastone, gridava: Per carità, lasciatemi... che volete?
Non ne so niente, è salita Domenica sul campanile.
- La stregona? no, è, una scusa per allontanarci, non è vero.
- Proprio lei è venuta a prendere la chiave... andate a vedere.
- Andiamo, andiamo, ma se ci burli guai a te... o ci penserà il sindaco, o ci faremo giustizia con le nostre mani stesse.
E quella folla di donne inviperite lasciò in pace, Paoluccio e si mosse verso la chiesa.
La porta, era aperta, entrarono: si sentiva un acre odore di zolfo.
- Domenica,... stregona - nessuno rispose. Che bugiardo, e noi l’abbiamo bevuta... Non fosse, fuggita spaventata?
È coraggiosa più di un uomo... andiamo a vedere ne la torre, - dissero le più audaci - stesse lì zitta per corbellarci.
- Sì, sì andiamo.
Passarono la soglia del piccolo uscio, che dava nel campanile: un grido di terrore. La stregona era distesa per terra livida, con la faccia irriconoscibile, la veste bruciata, stringendo tra le mani due pezzi di fune avvampata, in una contrazione spaventevole.
Le donne inorridite fuggirono.

mercoledì 11 ottobre 2017

E' venuto a mancare Ennio Celestino Cupaiolo




"Al risveglio mi sazierò del tuo volto Signore." (Salmo 17)

Ieri mattina, alle ore 5.30, dopo una vita intensa e laboriosa, è salita al cielo l'anima del

Dott. ENNIO CELESTINO CUPAIOLO

di anni 87

Ricorderemo di te ogni giorno che il Signore ci ha concesso di averti accanto. 
Tua moglie Nadia, i tuoi figli Eugenio ed Enzo, le nuore Germana ed Adriana, i tuoi amatissimi nipoti Ennio, Alberto, Nadia, Pietro, Bluma, Paolo e Giulia, tuo fratello Basilio, tua sorella Lia, tua cognata Tonietta e tutti i parenti Cupaiolo-Ughi ai quali hai sempre dimostrato profondo affetto.

Il rito religioso di saluto avrà luogo oggi, alle ore 15, presso la chiesa parrocchiale San Giovanni Battista, muovendo dall'abitazione dell'estinto in via Attilio di Camillo nr. 7.

La famiglia, profondamente colpita, ringrazia di cuore.

martedì 10 ottobre 2017

PANFILO DI GIACOMO (Monteodorisio) ... IL FACCENDIERE

Reazioni borboniche, prontamente represse, si verificarono nel 1860 e 1861 in numerosi paesi del circondario di Vasto. Infatti, subito dopo il passaggio del Re Vittorio Emanuele, in molti comuni attorno a vasto scoppiano improvvisamente rivolte, tanto che il governatore De Caesaris deve inviare truppe a Monteodorisio, Gissi, Liscia, per ristabilirvi l'ordine.
Quello che accadde nei giorni 30 settembre e 1° ottobre 1860 a Monteodorisio mentre le truppe borboniche erano ferme nelle pianure di Santa Maria Capuavetere servì a dimostrare che gli uomini cosiddetti " reazionari o della restaurazione" non erano adatti a mettere in atto una " sceneggiata " di sapore politico, bensì erano portati, per carattere e per convincimento, a mettere tutto a ferro e fuoco.
Alle 14 del pomeriggio entrò in paese una turba di facinorosi, un manipolo formato da personaggi reclutati negli Abruzzi fra più esagitati, ingordi e sanguinari.
Li comandava tale Panfilo di Giacomo, "miserabile faccendiere dell'infima plebe " - dice un testimone - che, su di un cavallo di razza, si presentava alla testa dei suoi uomini urlanti e quasi tutti ubriachi, mantenendo in pugno una bandiera bianca con lo stemma dei borboni e chiamando a se la folla con le grida di Viva Francesco II.
I paesani di Monteodorisio, nell'assistere a quella lugubre sfilata, pensarono ad una dimostrazione "politica" inscenata dai fanatici che gridavano in continuazione " Viva Francesco II ", ma ben presto si dovettero ricredere. I briganti, altri li chiamavano " reazionari", si diressero al posto di guardia, e quivi rialzò gli stemmi del Borbone, strapparono i regolamenti costituzionali, si appropriarono delle armi della cancelleria comunale; fece dire in chiesa l'Inno Ambrosiano e nominò un nuovo sindaco.
L'indomani, primo ottobre, i reazionari s'impadronirono della valigia postale, fermando altresì D. Giuseppe De Luca, guardia nazionale di Vasto, che, caduto infermo ad Atessa, veniva rinviato in patria. Poi si prepararono a respingere la pubblica forza che veniva per reprimerli.
Questa si mosse nella mattina del suddetto giorno da Dogliola, giunse nel territorio di Monteodorisio nelle ore pomeridiane, e impose, ma inutilmente, agli insorti una pacifica sottomissione.
Costoro - narra un altro testimone - " si schierarono come una siepe alla china del monte ( nel cui spianato giace il paese ) di ricontro alla strada che la forza pubblica doveva percorrere, e spararono alcuni colpi, ai quali venne risposto con una buona scarica, al rombo della quale tutta quella bordaglia spulezzò"; e così ebbe termine la commedia.
In tale scontro, rimasero uccisi tre uomini e due donne da parte degli insorti. Si eseguirono molti arresti, e fra gli arrestati vi furono anche parecchi innocenti.



Monteodorisio 1860-1861

Cospirazione diretta a cambiare la forma di gover­no, istigazione della popolazione a prendere le armi contro il re Vittorio Emanuele, resistenza ed attacco alla Guardia nazionale, nomina di un nuovo sinda­co, furto della valigia postale, fatti avvenuti tutti in Monteodorisio nei giorni 30 settembre e primo ot­tobre 1860, a carico di Panfilo di Giacomo ed altri 96 individui* di quello stesso comune, appartenenti per lo più alla classe dei contadini; la Gran corte cri­minale, dopo aver con deliberazione interlocutoria or­dinata la scarcerazione di molti di essi e l'archivia­zione del procedimento a carico di altri, alcuni dei quali morti negli scontri a fuoco con le forze dell'or­dine, rinvia a giudizio Marcellino di Giacomo, Mar­cellino Viti, Angelo Ottaviano, Antonio di Giacomo, Amadio Lucarelli, Gaetano Calameo, Salvatore ed Antonio Mirolli, Fedele Bottari, Antonio Santilli, Ermenegildo Piscicelli, Marcellino Pietropaolo, Anto­nio Pietropaolo, Raffaele Colomeo, Vito d'Angiò, Francesco e Michelangelo d'Ercole, Cesare Galluppi e Pasquale Ottaviano e con successive deliberazione del 31 ottobre 1861 condanna Amadio Lucarelli, An­tonio di Giacomo, Antonio Pietropaolo, Nicola Mau­rizio di Pasquale e Raffaele Colameo alla pena di tre anni di reclusione ed ordina che tutti gli altri siano rimessi in libertà.

*Panfilo di Giacomo; Marcellino di Giacomo;Marcellino Vito; Angelo di Carlo; Epimenide di Giacomo;Nicola Maurizio di Pasquale;Nicola Ottaviano; Antonio di Giacomo; Domenico Capraro; Amadio Lucarelli; Gaetano Colameo; Salvatore Mirolli; Antonio Mirolli; Giuseppe Argentieri; Vincenzo Bottari; Pier Luigi Colameo; Pompeo Stanisci; Antonio d'Ovidio; Matteo Petrucci; Michelangelo Molisani; Cesare Molisani; Teodoro Piccirilli; Fedele Bottari; Cesare Cinalli; Luigi Donatelli; Giuseppe Capraro; Antonio di Proprero; Antonio Santilli; Angelo Santilli; Cesario Santilli; Marcellino Capraro; Antonio Turco; Rosario Pomponio; Giuseppe Bellasame; Michelangelo di Propero; Gioacchino di Prospero; Anastasia Scardapane; Giovanna Lizzi; Petronilla Turco; Camillo Mariotti; Marcellino Molisani; Francesco Tenaglia; Cesario di Propero; Ermenegildo Piscicelli;Nicola d'Onofrio; Marcellino Pietropaolo; Antonio Pietropaolo; Raffaele Colameo; Vito d'Angiò; Comincio Colameo; Michelangelo d'Ercole; Francesco d'Ercole; Cesario Galluppi; Antonio di Giacomo; Pasquale Ottaviano; Giovanni Santilli; Donatantonio Ottaviano; Saverio Falcone; Giuseppe Codagnone; Andrea Argentieri; Giuseppe di Foglio; Antonio Mucci; Nicola Codagnone; Nicola Maria Tenaglia; Cesare di Giacomo; Pietro Traccarella; Giuseppe Pucci; Rosario di Cristofaro; Matteo Galluppi; Giuseppe Zerra; Domenico Petrucci; Giustino Colameo; Marcellino Festa; Marcellino Mascetra; Cesario Molisani; Francesco Scopino; Antonio Traccarella; Giuseppe Marchesani; Pietro Molisani; Salvatore Samiano; Salvatore Capraro; Marcellino di Vincenzo; Pasquale Scardapane; Matteo Mastrocecco; Bartolomeo Galluppi; Benedetto Galluppi;Carmine Colameo; Nicola Pietropaolo; Panfilo Cinalli; Domenica Maurizio; Giustina Sangiovanni; Matteo Timpone; Nicola Argentieri; Donato Maurizio; Leonardo d'Alfonso; Temistocle Bellano.

Voll. 3 di cc. ss. 269, 221, 109

lunedì 9 ottobre 2017

Nicola Falcone esempio di fedeltà e di amore



Tutti i devoti della Madonna delle Grazie conoscono il vecchietto arzilloso e sempre di buon umore, il custode del santuario Nicola Falcone.

Nato il 12/8/1896 e dal 1918 fedelissimo e gelosissimo custode del Santuario: una vita intera, (56 anni!) al servizio di Maria!

La morte della moglie Cristina Piccirilli lo ha costretto ad allontanarsi dalla sua attività di sagrestano. Durante una cerimonia piena di sobrietà e di riconoscenza, svolatasi ai piedi della Madonna delle Grazie domenica 11 giugno 1972 ha detto addio alla sua passione.



Adesso quale è la sua gioia? Poter tornare nelle solennità, con un fascio di margherite in braccio, a fare qualcosa per il Santuario.

EX VOTO Santuario Madonna delle Grazie

Vi sono opinioni contrastanti sul valore delle manifestazioni di religiosità popolare. Alcuni studiosi ritengono che esse non significhino più niente perché la società moderna è diversa ed è orientata verso le tecnologie; altri, più giustamente, ritengono che le forme religiose tradizionali abbiano una loro validità e rappresentino un mondo di sicurezze che abbiamo alle spalle e che abbiamo perduto, proiettati come siamo in una società di grandi incertezze esistenziali. Attraverso queste forme di religiosità la gente rimane ancorata, all'interno di una società destrutturata, alla memoria e al senso della propria identità storica e culturale che rassicurano, aiutano a vivere fra i grandi problemi del nostro tempo.



Questa esigenza di sicurezza l'abbiamo colta fra la gente che frequenta i santuari abruzzesi e partecipa alle feste religiose, anche nei paesi più piccoli, come a Monteodorisio, a pochi chilometri da Vasto. Qui sorge il santuario della Madonna delle Grazie il cui culto copre un'area contadina prevalentemente locale.


Il paese, formatosi su una collina che sovrasta il fiume Sinello, deturpata da un brutto manufatto in cemento per serbatoio di acqua, è dominato da un castello medievale, per secoli centro di una grande contea feudale.


Il nome Monteodorisio, di incerta origine, ricorre spesso nei documenti storici per le imprese guerresche delle famiglie che se ne contesero i territori, i Caracciolo, i Loretelli, gli Angioini, i Caracciolo, i Loretelli, gli Angioini, i D'Avalos di Vasto. La borgata medievale, sviluppatasi intorno al castello, è vissuta per secoli nella attività agricola e in condizioni feudali: solo nel nostro secolo, prima con l'emigrazione e, poi, con le industrie di San Salvo, si è avuta una inversione di tendenza.

Gli anziani conservano ancora la memoria delle 5 chiese, dei tre conventi e dei piccoli bastioni fortificati a difesa dei predoni, mantenuti con le fatiche del lavoro e delle prestazioni dei contadini nei campi. Secondo la tradizione popolare, proprio ai margini dell'abitato di Monteodorisio, nel luogo dove erano i resti di un convento dei Celestini prima e, poi, dei Carmelitani, nel XII secolo fu costruita una chiesetta dedicata a S. Maria delle Grazie, oggetto di grande devozione. Fu però un miracolo del 1886 a dare al luogo fama di santuario quando, durante le riparazioni dei muri di fondazione della chiesa zampillò improvvisamente una sorgente d'acqua che provocava la guarigione ai malati e la morte agli animali che la bevevano . Il primo prodigio avvenne ad una giovane madre disperata della vicina Cupello che riportò l'acqua alla sua bambina morente guarita dopo pochi giorni. Da allora si susseguirono pellegrinaggi di storpi, ciechi, malati e la fama miracolistica si diffuse non soltanto nel chietino, ma anche nel Molise, in particolare nel circondario di Larino. Le offerte dei devoti hanno permesso costruzione di un nuovo santuario e l'acqua della Madonna viene raccolta i n un pozzo dove, specialmente in occasione della festività annuale della prima domenica di settembre, i devoti si recano a bere.



C'è poi da segnalare, avvenuto tramite il culto della Madonna delle Grazie il gemellaggio tra Monteodorisio e Larino da dove, per la celebrazione annuale, convengono centinaia di devoti che partecipano alla processione con particolari privilegi quale quello di precedere tutti gli altri nell'ordine cerimoniale. Nel 1992 la statua è stata trasportata per alcuni giorni nel centro molisano a testimonianza della unione dei due paesi. Numerosi, poi, sono gli ex voto, custoditi in un locale adiacente alla chiesa, accumulati a memoria degli interventi prodigiosi e dell'area diffusionale del culto. Abbia raccolto alcune dichiarazioni che aiutano a comprendere il fenomeno dalla parte di quanti ne sono protagonisti.


Io ho questa devozione per mezzo di mia suocera che è sempre venuta da Larino e mi ha fatto conoscere i miracoli. Ci veniamo ogni anno con la famiglia. Prima venivamo con il carretto e a piedi. La storia è che la Madonna è stata scoperta dai larinesi che hanno anche restaurato il santuario. Si dice che questa madonna di Monteodorisio sia venuta in sogno ai larinesi per farsi scoprire. Per la processione qui comanda Larino da dove vengono centinaia. (pellegrino di Larino). La Madonna è antica ed era sorella della Madonna del Ponte di Cupello che viene festeggiata due giorni dopo la Madonna delle Grazie, 1'8 settembre. Fa tante grazie. Fino a 5 anni fa ha fatto una grande grazia ad un camionista illeso da un grave incidente. Qui si conserva il quadro del miracolo con la foto del camion distrutto. Si beve l'acqua miracolosa sempre; tutti quelli che cercano la grazia vengono a bere quest'acqua e, una volta. dormivano anche nella chiesa (devota di Cupello). Io sono molto devota e quando ho dei momenti di sconforto vengo qui a bere l'acqua della Madonna. Ho avuto tante grazie ed ho un legame molto forte. Ho due bambine, ho una malattia del sangue e la Madonna mi ha aiutato. Prima di vedere questa Madonna come una statua io la incontro come una donna, una amica, una persona che ci puoi parlare, che ti aiuta. (giovane sposa di Monteodorisio). 




Molti miracoli avvengono con l'acqua che i devoti prendono nel pozzo dove è avvenuto il miracolo alla bambina malata di Cupello: I'acqua che faceva morire gli animali che la bevevano ha guarito la bambina. Qui ci sono attestazioni di migliaia di miracoli: prima mettevano le tavolette, appiccicavano l'oro, le collanine. In una tavoletta si racconta che qui, a un indemoniato, la Madonna ha fatto uscire il diavolo dalla bocca come una specie di serpente; in questi ultimi anni raccontano i miracoli con la foto. C'è anche la leggenda che dice che questa Madonna sia stata ritrovata dentro un pozzo. Vengono da tutte le parti, Lanciano, Fossacesia, S. Salvo, da tutti i paesi dei dintorni e dalla provincia di Campobasso. Il santuario è stato scoperto anche da emigranti abruzzesi che stanno in Svizzera e fanno un pellegrinaggio; c'è più risveglio nella devozione di questa Madonna e non c'è un giorno che non vengono a chiedere grazie 20/30 persone. ( Donna custode della sala degli ex voto).


Le incertezze sulla preesistenza di un santuario già alla fine del XVII secolo sono manifestate anche nell'opuscolo dei sacerdoti della Chiesa, in cui viene pubblicata la documentazione di alcuni miracoli dell'acqua che, se provocava la morte dei "quadrupedi che vi si dissetavano" e, a detta di qualche "miscredente, era verdognola, piuttosto melmosa dal sapore del latte", mentre era ed è "purissima ed insapore", avrebbe guarito diverse persone, ma sempre negli ultimi decenni del secolo scorso. Comunque il culto si è imposto presto in un'area molto ampia, come attestano i numerosi ex voto, in quella "triade di santuari nel territorio Vastese, meta di pellegrinaggi: Madonna delle Grazie a Monteodorisio; Madonna Incoronata di Vasto; Madonna dei Miracoli di Casalbordino", tutti sorti lungo lo stesso percorso tratturale della transumanza.

In Abruzzo si contano 53 santuari dedicati alla Madonna che viene venerata sotto diversi titoli e varianti cultuali: un quadro o una statua miracolosamente ritrovati, una quercia, una sorgente d'acqua ecc. Difficilmente, però, potrebbe comprendersi la grande importanza che essi hanno dal punto di vista sociale e culturale se non li riferiamo alla pietà popolare che, nel corso dei secoli, ha caratterizzato il culto della Madonna come simbolo della condizione delle sofferenze per le prepotenze e le ingiustizie. Giustamente è stato affermato che, in molte comunità, il culto mariano fa parte pienamente delle strutture sociali: ciò può verificarsi chiaramente in manifestazioni come quella del santuario di Monteodorisio.