venerdì 26 luglio 2013

Beato fra Antonio da Leonessa

Nel Convento di S. Bernardino della antichissima e nobile Terra di Monteodorisio; dove anche ai nostri giorni veggonsi le pareti ed altri monumenti immortali, che ci ricordano la mirabile devozione e l'incapibile povertà di quei primi Santi Anacoreti che vi abitarono; si venera il Diposito del Beato F. Antonio da Lionessa (morto in Monteodorisio il 28 luglio 1511), Terra di Abruzzo; il quale benché fosse nel secolo famoso Giurista e d'illustre Prosapia, stimò assai più l'umiltà religiosa , che tutto il borioso fumo del mondo; bene accertato che le fortune di questa terra, giammai scompagnati dalle tempeste e che li diletti di questa terra sono veri delitti dell'Anima. 
Quindi con costante rifiuto rinunziando a tutti i fasti mondani, vestì l'abito del P. S. Francesco con tanta ardenza di spirito, che in pochissimo tempo fatto maestro di penitenza, esemplare di perfezione, comparve a guisa di raggiante Fanale di Santità. 
Fu così magnifica la sua semplicità, che riuscì spettacolo d'innocenza alla presenza di Dio e degli uomini. 
In testimonio della sua purezza, della sua santità, gli uccelli e le bestie della terra l'ubbidivano a cenno.
Fabbricavasi il Convento di S. Bernardino e il Beato F. Antonio avendo tutta la cura di procacciare il bisognevole pel compimento della Chiesa e del Convento, vedeasi di continuo applicato a preparare il materiale, e senza risparmio di fatica abbracciare gli uffici più vili, impegnandosi col suo bel garbo di praticare anche l'aiuto dei divoti Beneficatori.
Un giorno piucché mai bramoso di veder perfezionato l'incominciato edificio, ne sapendo rinvenir modo per trasportare dalla vicina selva le lunghe e grosse travi necessarie al coprimento, partì dal convento tutto pieno di speranza, tutto colmo di fede e girando la selva e la campagna rinvenì una gran copia di vacche e tori che pascolavano.
Fattosi animo l'innocente religioso, si avvicinò francamente al custode degli animali ed umilmente lo pregò a concedergli una o due vacche perché potesse trasportare al convento, quanto faceva d'uopo alla fabbrica. Sorrise alla richiesta il villano e trastullandosi della devota semplicità del servo di Dio, per scherzo gli disse: "Mi contento padre che vi serviate di due tori". Non replicò di vantaggio il semplicissimo fra Antonio, ma subito avvicinatosi a quelle indomite e ferocissime bestie e tolta la corda con cui era cinto e legò i due tori.
Gran portento! Quegli animali, che insinuavano lo spavento più coraggiosi, deposta tutta la loro ferocia, umiliati ai comandi del religioso, fatti ubbidienti all'incarico del giogo, non solo servirono al trasporto delle pesanti travi, ma altresì faticarono a beneficio del convento, fino che fu perfezionata la chiesa; dove anche ai nostri tempi, legata ad una di quelle travi, ammirasi la corda del beato Antonio, che qualificò il prodigio, e sebbene il i signori marchesi del Vasto e duca di Celenza avessero devotamente tentato di strapparla da quella trave con alcuni uncini di legno, pure non gli riuscì l'impresa; poiché sembra quella corda come la fune annodata nel tempio di Gorgone al tempo del grande Alessandro.
Finalmente invecchiato nella scuola della penitenza, addottrinato nel ben praticare le virtù più nobili, dovizioso di meriti, con pubblica fama di santità, nel giorno 28 di luglio dell'anno 1511, lasciando il suo corpo nella suddetta chiesa di san Bernardino di Montodorisio, come devoto memoriale delle sue glorie e ricco pegno ai devoti della accreditata sua vita.

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