Il giorno 10 marzo 1742
fu emanato il bando che nell'annunciare la formazione del catasto e
dell'apprezzo generale del contado indicava tra l'altro la necessità di
eleggere sei deputati a tutte le operazioni di censimento e valutazione dei
beni. Sei abitanti, suddivisi per ceto; due del primo, due del secondo, e due
del terzo ovvero i rappresentanti dei tre ordini socio-economici in cui veniva
classificata la popolazione: nobiltà, ceto medio e ceto degli inferiori. Essi
rappresentavano inoltre le diverse frazioni territoriali. I prescelti furono
rispettivamente Domenico d'Alfonso e Ignazio Sanese; Cesare Falcucci e
Marcantonio Festa; Raimondo e Giuseppe Valenzio.
La loro elezione avvenne il 20
maggio 1742 a seguito di convocazione in pubblico parlamento dei capofamiglia.
Le operazioni di estimo furono affidate a quattro esperti: due cittadini e due
delle terre più vicine; "... pratici del mestiere di riconosciuta probità,
timorati di Dio e intesi del valore e della vendita dei terreni al fine di evitare
ogni controversia affinché l'apprezzo come base fondamentale del catasto sia
regolato con giustizia e senso di eguaglianza". Successivamente furono
nominati due deputati per i rispettivi ceti ecclesiastici, regolari e secolari,
allo scopo di valutare i loro beni.
Al Sig. D.Domenico
Caravita Pre.te della Regia Camera e Commissario
Avendo di già compito l'apprezzo
della Città del Vasto, terra di Francavilla e città di Pescara che con decreto
di VS nella data 22 Aprile dello scorso anno 1741; in esecuzione d'altro
decreto della Regia Camera del 4 Aprile 1740 mi fu commesso: passo a perfezionare
l'apprezzo del Contado di Monteodorisio consistente in 13 terre, incluse le due
ville; e per prima descrivo ed apprezzo la terra di Monte Odorisio e
susseguentemente le altre nel modo che segue.
La terra di Monte
Odorisio sta situata in Provincia di Abruzzo Citra in un ottima situazione,
distante da questa fedelissima città di Napoli miglia 180 alla quale vi si
giunge per la strada della Puglia galessabile. Dista la terra suddetta dalla
città del Vasto miglia 3; da quella di Chieti miglia 36; da Pescara miglia 40;
da quella di Lanciano miglia 18; da Foggia miglia 72; dall'isola di Tremiti
miglia 60; da Francavilla miglia 36; e dall'isola di Capriola miglia 36, come
dalla fede della Università foglio 93. Sta posta la medesima sopra di una
collina in luogo piano di figura bislunga, e per stare in un sito eminente si
godono amenissime vedute cosi di piani, colli, mare Adriatico, come dell'isola
di Tremiti, montagne della Schiavonia e buona parte delle terre del contado
suddetto; viene mirata dal sole dall'apparire al tramontare d'esso, ed è
agitata da continui venti che la rendono di perfetta aere, come viene anche dal
registro dei testimoni esaminati per parte dei creditori su l'articolo 3 foglio
136,137 e 138.
Era prima la terra
suddetta tutta murata d'intorno colle sue torri quadre le quali al presente
sono tutte dirute, essendovene poche all'impiedi; che per altro luogo vi si
possa entrare se non che per quattro porte; la prima detta Carbonara, la
seconda di San Francesco, la terza del Castello e la quarta delle Cupelle. Ed
entrando in detta terra per la prima dell'enunciate porte detta la Carbonara si
trova una strada larga e spaziosa con giardini ortilizi dall'una parte e
l'altra, nell'ultimo della quale vi stava il convento soppresso ed abolito
dell'ordine dei Conventuali di San Francesco di Assisi, al presente la sola
chiesa ad una nave coperta a tetto sotto il titolo suddetto, consistente in una
porta ornata alla gotica per la quale si entra in essa. In testa v'è l'altare
maggiore isolato, a destra ed a sinistra vi sono due cappelle con cone
architettate, la prima sotto il titolo del Santissimo Rosario e la seconda di
S. Antonio, in dove stà addetta la Confraternita di 30 fratelli, i quali si
regolano tra di loro. La medesima non ha fondo per essere da poco tempo
formata, come dalla fede dell'Università foglio 71; tengono il loro Capellano
beneficiato col peso di celebrare tantum nei giorni festivi e tiene di rendita
annui ducati otto.
Uscendo da detta chiesa a
frontespizio d'essa si trova la seconda porta, detta di S. Francesco che ha
l'uscita al rinforzo di detta terra ed alli territori dell'abitanti d'essa.
Ritornando nel largo avanti detta chiesa a sinistra vi sta una strada ch'esce
alla piazza e da essa se ne trova un altra per la quale si va alla porta delle
Cupelle, a destra ed a sinistra vi sono le case dei cittadini a più ordini
coperti a tetto con molti vicoli per la divisione di esse.
Nel principio del qual
largo si trova il Palazzo Baronale consistente in un coperto a lamia bislungo,
li segue il primo cortile scoperto murato d'interno, a destra vi è un vacuo con
coperto a lamia sopra il quale vi sta un orticello incolto della Camera Baronale
ed a sinistra per porta tonda si passa al secondo cortile similmente scoperto,
in mezzo al quale vi è la bocca della cisterna e due porte, per la prima a
destra, mediante due scalini, si cala in quattro stanze terranee situate sotto
l'abitazione da descriversi, con finestre verso occidente, e per la seconda a
sinistra si ha una stanza per uso carcere coperta a lamia. Ritornando in detto
cortile per grada scoperta s'impiana ad un coperto a lamia sostenuta da cinque
pilastri ed in esso sono tre porte, per la prima mediante due scalini si ha un
piccolo gaisetto coperto a lamia da dove mediante due scalini si cala nel
giardinetto situato sopra il vacuo descritto in piano al primo cortile; per la
seconda si ha il braccio a sinistra consistente in due stanze coperte a lamia
lastricate nel suolo con tre finestre e camino alla romana ornato di gesso e
per la terza ed ultima porta si ha il braccio di destra consistente in cinque
stanze coperte a lamia lastricate con finestre così verso la strada come verso
li territori con balconi e pettorata di ferro a petto palumbo ed in esse vi
sono comodi camini alla romana ed in questo consiste il Palazzo suddetto quale
è tutto coperto a tetto. Contiguo al palazzo suddetto vi sta un comprensorio di
case della Camera Baronale al presente diruto osservandosi da parte in parte
solo le mura all'impiedi.
Ritornando nella strada
detta della piazza a sinistra vi è la chiesa madre sotto il titolo di san
Giovanni Battista, consistente in tre navi, coperta a tetto, in testa vi è
l'altare maggiore isolato con tabernacolo per riponnere il SS.mo Sacramento,
con due porte che entrano al coro, sopra delle quali vi sono due statue, una di
Sant'Anna e l'altra di San'Giovanni Battista; a destra e a sinistra delle navi
suddette vi sono quattro altari: nel primo vi è il quadro di San Marcellino,
nel secondo di San Carlo, nel terzo di Santa Caterina e nel quarto del
Santissimo Crocifisso, vi è il pulpito, la fonte battesimale e suo campanile
quadro dove vi sono tre campane: una grossa e due piccole. Viene governata
detta chiesa da un Arciprete che tiene cura di amministrare i Sacramenti e
tiene d'entrata circa annui ducati 97 come dalla citata fede dell'Università.
E proseguendo il cammino
per la suddetta strada poco più sopra si trova una chiesa sotto il titolo di
San Domenico coperta a lamia con suo altare in testa e quadro di detto santo, a
destra e a sinistra ve ne sono molti altri sotto il titolo di diversi santi,
sopra l'Ennado vi è il campanile a ventaglio con campana e vi si celebra quando
è la festività di detto santo dall'Arciprete suddetto.
Poco discosto da detta
chiesa similmente nel piano di detta strada si trova la chiesa sotto il titolo
di San Nicola ad una nave coperta a tetto, con suo altare e nicchia dove sta la
statua di detto santo, sopra la porta vi è il campanile a ventaglio con campane
e vi si celebra ogni giorno dal cappellano, che si nomina dal Marchese, quale
ha il titolo di Proposito, e presentemente ritrovasi conferita, dalla Baronal
Camera per essere suo jus Padronato, al reverendo D. Angelo Cianciuso, con la
rendita di circa annui ducati 200, come dalla fede dell'Università foglio 84 e
viene deposto dai testimoni esaminati per parte dei creditori su l'articolo 9
foglio 136,137 e 138. E camminando più sopra si trova un largo in dove si vede
eretto il castello, situato sopra un promontorio, consistente in 4 baloardi e
sue cortine tra essi, con altre abitazioni e comodi, le quali al presente sono
tutte dirute osservandovene poche all'impiedi.
Seguitando il cammino per
detto largo si trova una chiesa accanto al Castello sotto il titolo di Santa
Maria Maggiore al presente diruta standovi solo il campanile all'impiedi.
Da sopra la sudetta se ne
ritrova un'altra anche diruta col titolo del Salvatore e per ultimo uscendo
dalla porta delle Cupelle si trova il monastero diruto sotto il titolo di San
Nicolò dei PP. Celestini essendo solo il campanile all'impiedi.
Distante dalla suddetta
terra un miglio si ritrova il convento e chiesa sotto il titolo di San
Berardino dei P.P. Zoccolanti Riformati, quale chiesa è ad una nave coperta a
tetti, in testa vi è l'altare maggiore e coro dietro ove officiano li Padri,
ove sta il quadro di Santa Maria degli Angeli; a destra e a sinistra vi sono
tre cappelle: una sotto il titolo di San Pasquale, l'altra della S.S.
Concezione e la terza di Sant'Antonio, vi è il pulpito e campanile a ventaglio
ed una campana; da dietro il coro vi è la sacrestia in dove si conservano le
suppellettili necessarie, e da essa si passa al chiostro di figura quadra con
corridoi all'intorno, diviso da pilastri con arco, nel mezzo vi è il deritto
della cisterna e due piedi di merangoli e nel piano di detti corridoi vi sono
tutte le officine necessarie, da dove poi per gradetta di fabbrica s'ascende
all'abitazione dei Padri coperta a tetti, consistente in due corridoi dove
stanno le celle dei Padri e ve ne risiedono al numero di 12: cioè cinque
sacerdoti, un chierico e l'altri laici. E finalmente all'intorno di detta terra
vi sono vari giardini ortilizi e vigne con pozzi d'acque sorgive e cisterne che
si possiedono dall'abitanti di detta terra, come pure varie fontane d'acque
perenni in dove le donne vanno a lavare li panni.
Confina il territorio di
detta terra con quella del Vasto distante miglia tre verso oriente, con San
Salvo distante miglia 4 anche verso oriente, col fiume Trigno, Monte Negro e
terra di Lentella di là dal fiume distante miglia 6 verso mezzogiorno, col territorio
di Furci distante miglia 6 anche verso mezzogiorno, la quale da promiscuità di
pascolo tantum nei luoghi demaniali, con Scerni distante miglia 5 verso
occidente, con la quale vi sta la promiscuità d'acque senza poter pernottare, e
con il territorio di Gissi distante miglia 9, il tutto come si legge dalla fede
dell'Università foglio 25 e dal deposto dei testimoni su l'articolo 9 dei
creditori foglio 136, 137 e 138.
Principiano i suoi
confini tra il territorio del Vasto, e proprio nella sboccatura del vallone,
detto il Maltempo, che sta nel fiume Asinello, dalla quale sboccatura andando
verso sopra si giunge nel luogo detto Colle dell'Amendola. dal quale luogo
camminando più sopra si giunge alla strada che va a Lentella dalla quale strada
traversando per un piccolo vallone e camminando sincome vanno le sue rivolte si
giunge ad un altro vallone, detto il vallone Grande, dal quale vallone
camminando per basso si va al luogo detto li Ribattoni dove termina il
territorio del Vasto e principia quello di San Salvo per distanza di miglia 6,
dal qual luogo andando per il vallone della Bufalara a basso si giunge alli
piani di San Salvo e per essi a drittura si giunge al fiume Trigno, ove finisce
il territorio di San Salvo e principia quello di Montenegro di là dal fiume per
distanza di miglia tre, dal qual luogo andando fiume fiume, sincome vanno le
sue rivolte, si giunge al luogo detto Pietra Fracida, dove finisce il territorio
di Montenegro e principia quello di Lentella per distanza di miglia due, da
dove seguitando fiume fiume si giunge al luogo detto Guardiola, dove il
territorio di Lentella termina per distanza di miglia tre e principia quello di
Frisa, da dove camminando per il fiume si giunge alla Merce dove finisce il
territorio di Frisa e principia quello di Mora per distanza di un miglio,
d'onde tralasciando detto fiume ed immettendosi in un vallone ed entrando per
dentro di esso si giunge al luogo detto le Tresinope; dal qual luogo calando si
trova il vallone detto delle Cresi, da dove andando vallone vallone sino alle
coste delli Lombardi finisce il territorio di Mora e principia quello di Furci
per distanza di miglia 2 1/2 dal qual luogo andando per territorio montuoso si
giunge al luogo detto Finaguerra, d'onde camminando più oltre si ribocca ad un
vallone detto della Grotta, dove finisce il territorio di Furci e principia
quello di Gissi per distanza di miglia due; dal qual vallone andando verso
basso si va al tratturo e camminando tratturo tratturo si sbocca al fiume
Asinello, dove finisce il territorio di Gissi e principia quello di Villa Ragna
per distanza di 1/2 miglio, da dove calando fiume fiume si giunge al vallone
della Gradina e lasciando il detto fiume Asinello in territorio di Monte
Odorisio ed andando per dentro detto vallone ad alto si va al luogo detto Colle
della Gradina da dove calando per il vallone, detto del Verino si giunge al
tratturo e andando tratturo tratturo fino al luogo detto la Cerqua della Guardia
finisce il territorio della Villa Ragna e principia quello di Scerni per
distanza di miglia tre, da dove andando per la Selva Marrollo si giunge al
vallone detto la Selva Bardella dal qual vallone calando per dentro d'esso si
arriva al fiume Asinello e proprio nel luogo detto il Passo delle Noci dove
finisce il territorio di Scerni e principia quello di Pollutri per distanza di
miglia tre, da dove andando fiume fiume si giunge di nuovo alla sboccatura del
vallone del Maltempo d'onde s'è principiato per distanza di miglia due.
Quale confinazione si è
da me fatta coll'intervento dell'esperti eletti dalla Università di detta
terra, cioè Ignazio Sabino, Marcantonio Festa, Nicola Galante, Francesco
Piccirillo, Leonardo Di Carlo, Matteo Maurizio con altresì dell'esperti eletti
dall'Università confinanti, in foglio 33 ad 58.
Viene il territorio di
detta terra racchiuso dai suddetti confini: piano, montagnoso e costeroso e per
stare in sito eminente esposto al sole, come di sopra sta detto, produce vini
di buona qualità, frutta d'ogni genere, vettovaglie ed in particolare grano,
com'altresì verdure per il loro vitto ed il di più lo smaltiscono nelle città e
terre convicine e tra l'altre in Lanciano, dove si fa due volte l'anno la
fiera: il 13 giugno e l'8 settembre come anche il mercato il sabato.
Li abitanti di detta
terra sono di buon aspetto e complessione essendovi gran quantità di fanciulli,
vestono generalmente di panni ordinari per essere quasi tutti bracciali, vi
sono tra essi tre falegnami, 5 sartori ed un ostetrica come dalla fede dell'Università
foglio 86. Per comodo dell'abitanti di detta terra vi sono tre cavalli, una
giumenta, 8 bovi, 21 vacche, 39 pecore, 29 capre, 56 scrofe, 25 somari ed
animali neri di mercanzia n. 357 come dalla fede dell'Università foglio 79.
Possiede l'Università di
detta terra molto territorio demaniale fruttoso e boscoso, dove il barone può
fare pascolare i suoi animali come primo cittadino e tiene anche molto
territorio seminativo.
Vive la sudetta
Università a tassa come dal foglio 90, con il denaro della quale paga i suoi
pesi ordinari e straordinari, tenendo anche la rendita del forno, affitto
dell'osteria ed altro come da detta fede. Dalla medesima si elegge il
Predicatore Quaresimale come dal foglio 80, al quale corrispondono ducati 12,
non avendovi jus alcuno la Baronal Camera nell'elezione, come dalla fede
dell'istessa foglio 81.
Viene governata la terra
suddetta da un Camerlengo, da un Sindico e da 10 persone del governo, quale
elezione si fa due volte l'anno, una nel giorno di San Bartolomeo il 25 agosto
e l'altra il 24 febbraio giorno di San Mattia per pubblico parlamento, dove
intervengono li sudditi, 10 del governo e tutto il popolo elegendosi il
Camerlengo suddetto il quale a suo arbitrio elegge una delle due persone
nominate dall'Università per il Sindico; si cercano anche dalla detta
Università due Razionali per la visura dei conti, due Esattori ed il Giurato,
quale Camerlengo tiene autorità di chiamare a se tutti gli altri Camerlenghi
delle terre del detto contado per beneficio del pubblico, il che si legge
dall'apprezzo fatto nell'anno 1703 e dalla fede dell'Università consta che ogni
sei mesi si fa l'elezione in pubblico consiglio.
Sta sottoposta per quanto
spetta al spirituale all'Arcivescovo della città di Chieti e per il temporale
alla regia Udienza di detta città come viene deposto dai testimoni esami nati
su l'articolo 2 foglio 112, 113, 114, 115 e 116. Il Governatore s'eligge dal
barone, al quale l'Università li corrisponde annui ducati 4 e grana 60 per la
rinnovazione dei banni, atti e pasti come dallo stato di detta Università
foglio 90.
Viene numerata la terra
suddetta giusta l'ultima numerazione dei fuochi n 82 come costa dalla fede del
patrimonio foglio 5 e fa anime n 445, cioè uomini di comunione 138, donne di
comunione 131, uomini di confessione n 52, femmine di confessione 41, figliuoli
n 45, figliuole n 38 come costa dalla fede dello Stato delle Anime foglio 28/30
e fa due soldati a piedi.
Ed in questo consiste la
terra sudetta.
Qui possiamo lasciare il
testo del nostro documento e tornare all'esame delle strutture urbane.
Delle cinque chiese
urbane brevemente descritte nel documento esiste oggi soltanto quella
arcipretale dedicata a S. Giovanni Battista che però ripropone forme diverse da
quella medioevale demolita nella prima metà dell'Ottocento e ricostruita ampia
sullo più stesso luogo. Di tre chiese non è possibile individuare con
precisione il sito essendo state le loro aree incluse in sco allo stato di
rudere altre destinate a case d'abitazione. Sulla scorta della toponomastica si
può comunque asserire che la chiesa di S. Salvatore si ergeva nei pressi
dell'attuale piazzetta omonima presso il quartiere Capo di Rocca mentre quelle
dedicate a S. Nicola e a S. Domenico, poco distanti l'una dall'altra,
prospettavano sulla strada che porta al Castello in zona prossima all'attuale
Piazza Umberto I. C erto è il sito dell'antica chiesa di S. Francesco - tra le
prime edificate dai francescani in Abruzzo (seconda metà del sec. XIII) -
perché sopravvissuta, seppure allo stato di rudere, sino agli anni sessanta dei
tempi nostri.
Da una perizia redatta
nel 1829 sappiamo che la muratura d'ambito sul lato orientale presentava un
fuori piombo di almeno cm. 17. Da una successiva perizia di restauro, redatta
dall'ing. Luigi Dau nel gennaio 1850 a seguito di sopralluogo, si possono ricavare
gli interventi previsti. Giova osservare che del fuori piombo rilevato nella
precedente relazione non v'è traccia in quella in esame peraltro priva di
grafici. Gli interventi preventivati riguardavano soprattutto: la rifazione del
portone d'ingresso; la rifazione di alcune strutture lignee del tetto e la
sostituzione degli embrici rotti dalla furia del vento; la costruzione di un
cornicione al di sotto delle falde del tetto per evitare lo scorrimento delle
acque piovane lungo le pareti; la rifazione di intonaci interni ed esterni
degradati dall'umidità.
Da altri documenti
d'archivio risulta che lavori di riparazione dei tetti e di risanamento delle
murature, fortemente impregnate di umidità, furono eseguiti intorno al 1855.
I resti murari della
piccola chiesa sono stati demoliti nel 1964 dopo molti anni di abbandono;
eppure erano stati presi in consegna dal Ministero della Pubblica Istruzione
sin dal 1894 proprio per conservarli.
Sebbene diversi studiosi
- tra i quali Ignazio Carlo Gavini - avessero denunciata la condizione di
estremo degrado e invocato azioni di tutela, la pervicace incuria degli uomini
e le ingiurie del tempo hanno determinato la distruzione del monumento che pur
costituiva una presenza peculiare nella storia di Monteodorisio e nel panorama
artistico dell'architettura conventuale in Abruzzo.
L'insediamento
francescano, nella custodia di Civitate, apparteneva alla provincia
pugliese-molisana di S. Angelo costituita negli anni trenta del secolo XIII. La
scelta della località appare guidata da quella strategia insediativa che
orientava i francescani verso gli agglomerati più consistenti. Tra le antiche
prepositure Monteodorisio risulta la più solidamente dotata della zona vastese:
le sue decime arrivavano sino al valore di due once nel 1308 mentre il
Quaternus ecclesiarum et monasteriorum civitatis et diocesi Theatinae del 1324
- 1325 elenca ben dieci chiese nel centro storico. Alla chiesa era annesso un
piccolo monastero, soppresso nel 1654, destinato poi ad altri usi e infine
abbandonato per lungo tempo sino al suo definitivo crollo nell'Ottocento.
La fabbrica religiosa
prospettava sullo slargo antistante la seconda porta urbica, detta appunto di
S. Francesco, anch'essa demolita nell'Ottocento. Una fotografia delle strutture
murarie esterne e pochi frammenti del portale lapideo inducono a collocare la
chiesa nel filone delle espressioni della scuola francescana che fiori nella
vicina Lanciano e di accostarla per le caratteristiche semantiche, a quella
demolita di S. Domenico a Chieti.
Di impianto rettangolare
a navata unica (delle dimensioni interne di m. 8.30x24.90 ed altezza,
all'imposta delle capriate, di m. 9.30 ca.) la fabbrica era conclusa da coro a
pianta rettangolare (m. 8.30x6.20), voltato a crociera ogivale con costoloni in
conci di pietra, inquadrato da arco acuto su pilastri. La parete di fondo era
munita di un finestrone che, insieme al rosone e alla coppia di finestre
oblunghe arquate delle pareti, illuminava l'invaso spaziale coperto da
incavallature lignee a vista. Affiancavano l'altare maggiore, ai lati del coro,
due cappelle sotto il titolo del Santissimo Rosario e di S. Antonio,
quest'ultima assegnata ad una confraternita laicale (composta di trenta
persone) che ottenne il "real beneplacito" in data 8 agosto 175816.
Alle strutture parietali costituite da muratura di mattoni si contrapponeva il
campanile, composto di pietrame squadrato, a canna quadrata,sito sulla destra
della navata accanto al coro. Esso fu ricostruito - sull'area opposta a quella
dove si innalzava il campanile duecentesco - sullo scorcio del Settecento con
il contributo finanziario delle confraternite e dei fedeli.
Sul prospetto, privo di
rivestimento, erano incastonate le uniche decorazioni in pietra della fabbrica:
il portale a cornice ogivale - che inquadrava il portone ligneo di m. 1.98x2.90
- ed il rosone traforato da arcatelle accavallate. Di notevole fattura plastica
il portale - come si può osservare dai pochi frammenti superstiti - appare
delineato da una serie di modanature, degradanti verso la parete, esaltate
sugli spigoli da due esili colonne con capitelli figurati. Il rosone, in asse
col portale e sito quasi al limite del timpano della facciata, era contornato
anch'esso da una cornice lapidea racchiusa entro una composizione costituita da
una coppia di piccole colonne, poggiate su sculture raffiguranti leoni,
sostenute da mensole. La cornice timpanata racchiudeva la parte superiore del
rosone. Un'opera plastica che, seppur semplificata nel disegno, rimanda alla
decorazione del grande oculo della chiesa di S. Agostino in Lanciano.
Un affresco sulla parete
della navata, a sinistra dell'ingresso raffigurava S. Cristofaro. Altri aspetti
degli interni è possibile ricavare da una lettera del 1885; leggiamo infatti
che nella chiesa vi erano altari egregiamente intagliati in legno dorato e
dipinti murali che avrebbero potuto interessare la Storia dell'Arte se si fosse
giunti a rimuovere abilmente la calcina che li copriva.
Nella sua configurazione
formale la piccola fabbrica presentava quindi le caratteristiche tipologiche
adottate dalle fraterie francescane nel Duecento: navata unica della lunghezza
pari a tre volte la dimensione della larghezza; coro ristretto ad un corpo
rettangolare o quadrato; un lato a contatto del chiostro conventuale e gli
altri disposti sulla via pubblica con muratura a vista e decorazione austera
per essenzialità di forme e significati.
Sull'area della chiesa
sorge oggi il palazzetto municipale.
Nel Settecento
quest'ambito settentrionale del tessuto urbano era quindi caratterizzato dalle
antiche chiese di S. Francesco e di S. Giovanni Battista, con i rispettivi
campanili, oltreché dal palazzo baronale - composto di più ambienti, su due
piani intorno a due cortili e aree ortilizie, comprendenti anche un vano
destinato a carcere - e da un comprensorio di case della camera baronale allo
stato di rudere. Tessuto urbano che, a cominciare dalla prima metà
dell'Ottocento, è stato quasi completamente rinnovato a seguito della
costruzione progressiva di case di abitazione intorno alla chiesa parrocchiale
di S. Giovanni Battista che, demolita nel 1831, fu ricostruita nell'arco di
circa trent'anni e ampliata su impianto a croce latina e tre navate.