Nell'agosto del 1946 fu inviato un drappello di Carmelitani Scalzi a Monteodorisio, in Abruzzo, in quanto si era deciso di edificare in quel luogo un convento.
Tale gruppetto di frati era composto, tra gli altri, da Padre Gerardo Peticca, anche lui missionario e cappellano militare da poco rientrato dalla prigionia negli Stati Uniti.
Insieme a lui vi era Padre Antonio di Gesù tornato, dopo la parentesi militare, esclusivamente alla vita religiosa.
Terzo religioso del drappello era il fratello laico Corrado Cavallarini.
I tre furono accolti a Monteodorisio con grande benevolenza ed entusiasmo e vennero alloggiati in un' abitazione datagli in affitto.
«La casa, invero, non era molto grande, ma comunque sufficiente per le nostre esigenze. - ricorda Padre Antonio - E' anche vero che noi usavamo quest'abitazione solamente per dormire in quanto, per quattordici ore al giorno lavoravamo sia per l'assistenza religiosa agli abitanti sia per la costruzione del convento. Ognuno di noi infatti aveva un incarico specifico che cercava di svolgere al meglio.
Padre Gerardo si dedicò completamente alla parrocchia ed alla visita dei malati e degli infermi, assistito anche da alcune suore Francescane che gestivano un asilo infantile nelle vicinanze della parrocchia. .
Io invece mi dedicai, in un primo tempo, alla custodia di un piccolo Santuario intorno al quale si era deciso di edificare il monastero.
Il fratello Corrado invece si dedicò, tramite l' elemosina, ad una iniziale raccolta di fondi per l'acquisto di materiale edile.
Devo ricordare infatti che noi non eravamo provvisti di fondo. Tutto ciò che potevamo procurarci ci proveniva dalla beneficenza, o da ciò che si raccoglieva con l'elemosina».
Latitante
Nell'inverno a cavallo tra il 1946 ed il 1947 Padre Antonio era completamente dedito alle operazioni manuali di sbancamento del terreno intorno al piccolo Santuario per poter poi procedere alla messa in opera delle fondamenta del convento.
Una mattina giunse da Roma Padre Edoardo Pasquini il quale comunicò a Padre Antonio che la polizia alleata lo ricercava.
Il motivo dell'ordine di cattura nei confronto del nostro frate è da ricercarsi - a seguito di una denuncia fatta dai partigiani comunisti - nei fatti avvenuti nel 1944 a Quarona.
Infatti come già detto nei precedenti capitoli, dopo aver compiuto l' eccidio del Ponte della Pietà, i partigiani, per paura che la Legione sferrasse un attacco in forze, consegnarono vigliaccamente alla Tagliamento, tre ex prigionieri alleati, fuggiti dopo l'8 settembre ed unitisi ai ribelli.
Si trattava di due inglesi ed un australiano che effettivamente avevano preso parte all' azione nei pressi del Ponte, ma non alle sevizie perpetrate ai danni dei legionari.
A seguito del processo furono riconosciuti colpevoli per loro stessa ammissione e qumdi condannati a morte dal tribunale per aver agito in abiti civili (come si sa, tale comportamento viola palesemente la convenzione di Ginevra).
Padre Antonio li assistette con tutte le cure possibili, fornendogli assistenza religiosa e procurandogli per quanto possibile delle sigarette e del cognac.
I tre condannati gli furono talmente riconoscenti al punto di consegnargli "le tre famose lettere" che in questo frangente assunsero un' importanza capitale.
Ma sentiamo in merito le parole di Padre Antonio: «Appena appresi la.notizia, mi nascosi prima a Caprarola ·e poi a Roma in casa di alcuni camerati.
Verso la metà del 1947 giunsi a Catanzaro dove restai per un paio di mesi. Attraversai poi lo stretto di Messina in una barca di pescatori e andai a nascondermi, travestito da Passionista, a Borgetto vicino a Montelepre nella zona dove operavano le bande del famoso bandito Giuliano.
Ricordo che mi procurai anche dei documenti falsi e che assunsi il nome di Padre Ubaldo Corsi.
Non risiedevo proprio a Borgetto, ma in luogo vicino, ossia in un eremo sito alla Madonna del Romitello.
Nel giungere all'eremo rimasi molto sorpreso nel vedere sulla porta una lapide con l'immagine della Vergine fatta apporre da mio zio monsignor Antonio Intreccialagli nel lontano 1917.
In quel luogo sperduto mi dedicavo a piccoli lavori campestri e celebrai più volte la Messa per un reparto di Carabinieri dislocato in loco per la lotta contro Giuliano. Nel giugno del 1948 poiché era stato firmato il trattato di pace tra le potenze alleate e l'Italia, ed in virtù dell' amnistia voluta da Togliatti al fine di non rendere perseguibili gli enormi crimini commessi dai partigiani, seppi che il mio ordine di cattura era stato ritirato. Anche una legge vergognosa a volte può rendere giustizia! ·
A quel punto Padre Antonio rientrò subito a Monteodorisio dove, richieste ed ottenute dal Cardinal Nassalli Rocca le lettere che gli aveva consegnato nel 1944, preparò un dossier sull' accaduto a Quarona che inviò alla sede del Tribunale alleato in Italia a Padova per poter chiarire del tutto la sua posizione e nella speranza che potesse essere perseguito il vero colpevole di tutta quella tragedia, il criminale comunista "Gemisto". Costui, però, non solo beneficiò del suddetto togliattiano decreto, ma pochi anni dopo con la benedizione delle "Botteghe Oscure" divenne senatore della Repubblica Italiana.
·E' tutto dire!
Un contributo
determinante
«Nel ricordare tutti quelli che a Monteodorisio collaborarono per l'edificazione del nostro convento, non posso non ricordare il dottor Pompeo Suriani, il quale fece preparare da un ingegnere suo carissimo amico, il dottor Enrico del Debbio, il progetto completo ed i disegni esecutivi, di quello che sarebbe stato il nostro convento.
Questo ingegnere durante il Fascismo aveva progettato e diretto le opere di ristrutturazione della Farnesina, e si era occupato anche del completamento del Foro Mussolini.
Nell'esecuzione di tutte le opere edili effettuate a Monteodorisio, fummo enormemente facilitati dall'aver ottenuto tramite un dirigente dell'ufficio del lavoro di Vasto, nostro amico, l' autorizzazione a poter instaurare dei cantieri scuola, offrendo così del lavoro ai molti apprendisti e disoccupati del luogo.
Sempre grazie al Suriani contattammo l'ingegner Lulli dirigente dell’UNRRA CASAS (un ente per la ricostruzione) di Ortona, il quale ci mise a disposizione moltissimi autocarri con cui trasportammo, per di più gratuitamente, un' enorme quantità di materiale edile.
E fu così che alla fine del 1948 furono completamente realizzate le fondamenta del nuovo convento».
Il frate
capomastro
Dopo la realizzazione delle fondamenta presero il via i lavori di edificazione veri e propri.
«I lavori di costruzione andarono avanti a rilento a causa della mancanza di fondi e si protrassero fino al 1954, quando la struttura fu finalmente finita.
Proprio in quell'anno lasciammo la casa che avevamo in affitto e ci trasferimmo nei locali del convento. Dopo qualche giorno dal nostro trasloco, io suggerii a Padre Gerardo l'idea dell'esecuzione di alcuni lavori straordinari.
Tali lavori consistevano nell'ampliamento e nell'abbellimento del piccolo Santuario.
Padre Gerardo si mostrò d'accordo, per cui mi misi subito in azione al fine di reperire i fondi necessari e mi feci anche carico dell'organizzazione della squadra di lavoro. Avuto a disposizione il denaro radunammo un gruppo di maestri decoratori locali, con i quali io collaborai quotidianamente, che realizzarono nuovi pavimenti in marmo, nuove decorazioni in gesso e sostituirono il sistema di illuminazione delle navate».
Tra gli altri episodi significativi da ricordare, c'è il fatto che Padre Antonio mentre stava lavorando su di una scala ad una linea elettrica cadde e si ruppe la clavicola destra. Questo fu l'unico incidente sul lavoro che capitò in dodici anni presso i cantieri dei Carmelitani.
Anzi, a pensarci bene, si verificò anche un altro incidente che ha del miracoloso e che vi andiamo a raccontare.
«Nel 1956 fui inviato dal nostro Supriore, negli Stati Uniti alla ricerca di fondi per la costruzione di una scuola materna a Monteodorisio.
Restai in America per dodici giorni. Tornai in Italia con il denaro e si potè acquistare un piccolo casolare abbandonato dove venne realizzato l'istituto "Edoardo Molisani", gestito tutt'ora dalle suore Francescane, trasferitesi dall'ormai fatiscente asilo infantile sito in paese.
Nell'inverno dello stesso anno si rese necessario il prosciugare il pozzo dell'acqua santa della Madonna poiché un pollo vi era caduto dentro nel corso dell'estate e si era ivi decomposto.
Non era però un'operazione semplice perché il far vedere ai ai fedeli la santa acqua della Madonna scorrere sulla superficie della terra, sarebbe stata un evento che avrebbe sicuramente provocato delle polemiche
Si decise allora di aspettare la prima neve in modo che, acqua avrebbe potuto scorrere, non vista, sotto la coltre nevosa.
E così si fece.
Quando giunse il momento, gli operai addetti azionarono una pompa aspirante. Io ero lì che assistevo al lavoro di prosciugamento quando mi venne in mente che, mentre i fedeli bevevano sempre quell'acqua noi non l' avevamo mai assaggiata.
Decisi quindi di berla. Mentre mi chinavo, il volano della pompa prese la sciarpa di lana che portavo al collo e mi strinse a tal punto che svenni e caddi riverso vicino alla pompa.
Riacquistati i sensi, mi resi conto che mi ero salvato solo perché la sciarpa pur essendo di lana molto grossa si era strappata.
Rientrai in convento e fui costretto a mettermi a letto per alcuni giorni perché respiravo con molta difficoltà. Inoltre presentavo delle serie escoriazioni sul collo.
Appena corse voce di questo episodio, la popolazione tutta ritenne che la Madonna mi avesse graziato. In effetti deve essere stato così.
Chi altrimenti avrebbe potuto strappare una sciarpa di lana così robusta?>>
Addio a Monteodorisio
Nel 1958 terminati tutti i lavori di costruzione a Monteodorisio, Padre Antonio fu prescelto per una nuova missione.Non fu facile abbandonare l'Abruzzo poiché si era affezionato molto sia al luogo, sia alle persone che sempre si erano dimostrate piene di fede e di cristiana carità.
Fu comunque felice perché così, a suo dire, non ebbe modo di provare dell'orgoglio per ciò che lui e gli altri avevano realizzato in quel luogo.
Un qualcosa però, con un pizzico di orgoglio, possiamo senz'altro dire noi: se al lettore un giorno capiterà di passare per Monteodorisio, si rechi a visitare il convento poiché, ne siamo certi, guardandosi attorno, non potrà non vedere l'impronta indelebile del "Legionario di Dio".
Non e' che questo frate o qualche altro avesse una Moto Guzzi, Galletto se non sbaglio di colore giallastro? Grazie
RispondiElimina..si la aveva Padre Antonio...me ne ha parlato più volte del suo Guzzi "Galletto"---
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