venerdì 31 dicembre 2021
mercoledì 29 dicembre 2021
La maggiolata
La maggiolata
È ancora viva nella memoria dei cittadini di Monteodorisio l’eco di quell’evento musicale che, or è mezzo secolo, aveva saputo ridisegnare (seppure in quella sola circostanza) l’immaginario popolare della grande festa mariana di settembre. È talmente vivo - oggi - quel ricordo che, malgrado le molte vicende trascorse, i cinquant’anni passati da quel lontano 1947 non sono stati ancora in grado di cancellare la traccia mnemonica del forte impatto culturale prodotto da quella manifestazione nella comunità locale. Certo, la singolare«maggiolata» fuori stagione che vedeva la presenza di maestri concertatori come Guido Albanese, Antonio Di Iorio, Aniello Polsi riconduceva il piccolo paese nel cuore della fortunata tradizione canora dialettale abruzzese avviata un trentennio prima. Ma più che segnare un episodio - per quanto rilevante - di quel recitativo lirico-melodico, veniva a costituire di fatto il momento chiave della ripresa di una spettacolarità di massa attraverso cui un’intera regione ricominciava a «cantare» e a «liberare» la propria voglia di vivere dopo la lunga e interminabile sospensione sociale cagionata dalla guerra.
Di qui l’importanza generale di siffatto avvenimento nella storia contemporanea del costume («i poveri, ma belli», sicuramente disponibili a tentare nuove vie nell’opera di ricostruzione postbellica) E se si pensa che lo stesso discorso era maturato nel periodo in cui la grande comunicazione mediale era affidata esclusivamente alla radio (non dimentichiamo che le prime trasmissioni sperimentali della televisione risalgono al 1954), si può ben capire come la realizzazione dello spettacolo in un luogo determinato costituisse, in realtà, il solo modo di renderlo percepibile e fruibile dal pubblico.
Ma un’altra cosa, va detta. Il modello dialettale della «canzone in concorso» che costituiva l’ossatura della kermesse di Monteodorisio sarebbe stata la medesima che, di lì a tre anni (1950), avrebbe incontrato il successo internazionale nella formula «italiana» di Sanremo. Sicché, considerata in chiave complessiva, la remota esperienza «festivaliera» monteodorisiana del 1947 - e di tutta la sua precedente tradizione abruzzese - può essere valutata come no dei prototipi regionali utili alla comprensione storica della fortunatissima «ricetta sanremese».
A distanza di cinque decenni da quella data, rileggere le poche paginette del programma ad hoc tipograficamente allestito dall’Arte della Stampa di Guglielmo Guzzetti vuol dire ripercorrere un itinerario di memoria, di fatto proteso al riconoscimento di un’identità di paese. E allora, riscoprire tra i protagonisti di quelle serate autori locali di testi come Eduardo Suriani o direttori di cori come Decio Sabellico, significa restituire della città un’immagine culturale attiva che avrebbe dovuto trovare maggiore radicamento sociale nei suoi esiti successivi.
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