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giovedì 28 marzo 2024

Torquato Tasso a Monteodorisio?

 

Torquato Tasso


Chissà se nel suo castello, eretto sul colle di Monteodorisio, nel retroterra di Vasto, abitò mai la bella ed energica fiorentina, Andreina Acciaiuoli. A lei, divenuta nel frattempo contessa d’Altavilla, il Boccaccio dedicò il “De claris mulieribus”, paragonandola per le sue virtù agli “uomini grandi”. Era sorella di Nicolò Acciaiuoli, il fiorentino che aveva ottenuto la fiducia della vedova Caterina di Taranto (e forse, dicono, ne era divenuto l’amante) ed esercitava abilità ed astuzia a favore del figlio di lei, Luigi di Taranto, Andreina si era inserita nella nobiltà napoletana sposando Carlo d’Artus che re Roberto doveva stimare particolarmente: nel 1337 lo aveva fatto gran camerlengo e gli aveva dato i feudi di Sant’Agata e di Monteodorisio; poi lo aveva nominato tra i suoi esecutori testamentari. Morto il re (1343) si erano sca-tenate le questioni per la successione al trono.

Quando, nel 1345, Andrea d’Ungheria, marito di Giovanna, fu ucciso, i sospetti caddero sui partigiani del principe di Taranto, che aveva subito approfittato della vedovanza della regina, per mettersele a fianco (anche se potrà ufficialmente sposarla solo nel 1348). Ma i suoi nemici, che a loro volta aspiravano ad impadronirsi della regina e del trono, si assunsero il compito di giustizieri, e dopo aver suscitato tumulti popolari in Napoli si fecero consegnare dalla regina, il 6 marzo 1346, quelli che ritenevano gli assassini di Andrea: con Filippa de Cabanni, i suoi figli ed altri, fu preso anche Carlo d’Artus (una lettera a lui indirizzata da Carlo di Durazzo servirà poi al re d’Ungheria, Ladislao, per chiamare responsabile anche quest’ultimo); nel 1347 tutti furono giustiziati.

Così, Andreina era rimasta vedova e possiamo immaginarcela in lacrime nel suo sicuro castello di Monteodorisio, preoccupata forse di risolvere il problema del proprio futuro. Il destino degli Artus, rimasti conti di S. Agata, si concluse durante il regno di Ladislao di Durazzo: l’ultimo di essi, accusato di cospirazione, fu giudicato, pare, da Giovanni da Capestrano, che del re Ladislao era amico e che aveva, forse, iniziato ad esercitare la magistratura a Napoli.

Questi diventò poi «uno excellentissimo et sancto predicatore… che faceva miracoli de sanar amalati cechi sidrati resuscitar morti etc.». Qualcuno attribuisce la sua conversione, avvenuta nel 1416, al rimorso di aver consentito alla barbara esecuzione dell’ Artus alla presenza del figlio che ne sarebbe morto a sua volta di crepacuore. Il castello di Monteodorisio era stato fondatò, da Odorisio conte de’ Marsi alla fine del secolo XI ed era stato assediato inutilmente dai Normanni.

Era poi appartenuto ai conti di Loritello e poi al demanio regio, Alla metà del secolo XIII se ne impadronì Corrado d’Antiochia, che nel 1268 sostenne Corradino e quindi da Carlo d’Angiò fu privato di tutti i suoi feudi. Tra i seguaci dell’Angiò si trovava anche il poeta italiano Sordello da Goito che il 5 marzo 1269 ricevette in feudo (Carlo lo dichiara in questa occasione «miles familiaris et fidelis») cinque castelli abruzzesi, tra i quali Monteodorisio, che era stato preso dopo notevole resistenza.

Il 30 agosto del1o stesso anno questi feudi passarono a Bonifacio di Galibert (non si sa se per la morte senza eredi del poeta, per vendita, o per altri motivi). Nel 1337 la contea fu affidata a Carlo d’Artus e dopo la sua morte, nel 1349 fu assegnata a Lalle Camponeschi, viceré degli Abruzzi. Luigi di Taranto (incoronato re nel 1352) in questi anni aveva dovuto affrontare gli eserciti di due capitani di ventura, mossi contro di lui dai suoi rivali, i Durazzo, e dal re d’Ungheria: Corrado Lupo e poi Corrado Lando. Dell’uno e dell’altro, non sapendo liberarsi con le armi, si liberò col danaro: e pare che, dopo essere stato sconfitto a Lanciano da Conado Lupo, egli abbia proprio trattato nel castello di Monteodorisio i termini economici per renderlo inoffensivo. Nel 1391 la contea apparteneva a Cecco del Cozzo o del Borgo, primo marchese di Pescara, dal quale passò alla figlia Giovannella che nel 1407 diede statuti al paese. Se ne impadronì poi Giacomo Caldora, che restaurò il casteIlo e lo trasmise al figlio Antonio. Alfonso d’Aragona successivamente riconobbe le ragioni di Giovannella del Borgo e le restituì la contea, che passò alla nipote Antonella d’Aquino. Questa divenne moglie di Innico I d’Avalos, spagnolo, che era al servizio di re Alfonso d’Aragona. Il nipote, Alfonso d’Avalos, riunì la contea di Monteodorisio al marchesato di Vasto e di Pescara. Nella seconda metà del secolo XVI sembra che i d’Avalos abbiano ospitato nel castello Torquato Tasso.

Al marchese d’Avalos sono dedicati numerosi passaggi dell’Orlando furioso come XV, 28, 2-4: "veggio un marchese, e veggio dopo loro / un giovene del Vasto, che fan cara / parer la bella Italia ai Gigli d’oro", XXVI, 52: "l’altro Alfonso del Vasto ai piedi ha scritto", e XXXIII, 47, 7-8: "L’altro di sì benigno e lieto aspetto / il Vasto signoreggia, e Alfonso è detto".


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