vocabolario del dialetto storico štrèṷsə

venerdì 16 settembre 2011

Il 15 settembre del 1660, presso il Convento di Sant’Onofrio a Vasto, moriva in odore di santità il Venerabile F. Pacifico del Castiglione, laico riformato.



Il dator di ogni bene, che di continuo ha illustrata questa provincia con uomini di singolarissimo merito, par che ad un certo punto di favellare, non poteva donarle personaggio di più magnifica santità, che il beato religioso Fra Pacifico, il quale mantenesse sempre viva la sua antica regolare osservanza e con la bontà della vita e singolarità dei miracoli, lasciasse a questa santa riforma un'eterno retaggio di gloria.

Nacque fra Pacifico in Castiglione del Picincipe, terra così appellata in Abruzzo, situata nella Diocesi di Trivento, nelle vicinanze dell'antica Aquilonia. Non vantò illustri natali, ma conobbe la sua discendenza da umili e devoti genitori, i quali benché fossero applicati alle fatiche della campagna, mai dismetteano gli esercizi di pietà, in cui allevarono il loro figliolo, il quale nel battesimo fu chiamato col nome Giovanni, e fu educato con tanta cura perché apprendesse da fanciullo a servire Dio, che avendo imbevuta la devozione col latte, appena lasciò le fasce, che cominciò a comparire una certa maturità di senno, piuttosto comunicatogli dalla grazia che dalla natura.

Ritornava fra Pacifico dalla Villa Cupello, dove col suo compagno fra Silvestro da Vinchiaturo, aveva elimosinato il pane per il convento di san Bernardino di Monteodorisio, dove allora dimorava e passando per detta terra di Monteodorisio, vide un giovanetto che senza riparo si dibatteva sulla terra e con stravaganti moti a guisa di quell'ossesso descritto da san Marco or dava di testa alle pareti ora precipitosamente cadeva ed ora come un morto disteso a terra vedevasi con la faccia tumida e colla bocca piena di spuma. Interrogò il caritativo frate agli spettatori di quel dolente spettacolo qual fosse il morbo di quel meschino, che così seriamente lo tormentava; ma appena gli fu detto che pativa di mal caduco, o fosse lunatico, che lo prese per la mano e fattolo alzare di terra, ma più ricadde, ma fino ad una decrepita età, per intercessione di fra Pacifico, fu meritevole di vivere perfettamente sano e libero affatto dal suddetto penosissimo morbo.

Andava il servo di Gesù Cristo a Pollutri, terra del serenissimo dominio del signor Marchese del VAsto, situata nel Contado di Monteodorisio, quattro miglia lontana dal Convento di san Bernardino di detta terra di Monteodorisio; ma giunto al vicino fiume, comunemente chiamato dai paesani l'Asinella, si avide che per la gran copia delle acque, non gli riusciva poterlo sicuramente passare. Stando sull'evidente rischio divisando col compagno; vide dall'altre parte del fiume un uomo che andava desteggiando la corrente e tentava il passaggio. Cominciò il buon religioso a gridare che non arrischiasse la propria vita, essendo manifesto il pericolo, ma quell'uomo burlandosi degli avvisi di fra Pacifico, camminando e scherzando con quel bastone, entrò nel fiume ed appena giunse al forte della corrente, che in pena della sua ostinata follia, fu trasportato dalla violenza delle acque e già cominciava a sommergersi. Osservava il Servo di Dio la già preveduta disgrazia, ma quando vide quell'infelice in punto di affogarsi, invocando devotamente il Santissimo Nome di Gesù, saltò nel fiume e camminando miracolosamente sull'acqua prese per le braccia il naufragante lo trasse a terra e lo liberò dalla morte.

Andando una volta, unitamente con fra Umile da Guglionesi, religioso di molta perfezione, dal convento di san Bernardino a quello di santa Maria di Vallaspra dell'Atessa, cominciò l'aria a turbarsi, ed indi a poco a piovere così violentemente, che vedeansi d'ogni intorno gli alluvioni. Seguitò fra Pacifico il suo viaggio, non avendo luogo di ripararsi, ma essendosi dal capo ai piedi tutto bagnato il compagno, egli benché camminasse col capo scoperto, non aveva ne l'abito ne un capello bagnato.

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